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Rubrica A4 – C’è anche un totalitarismo pseudoliberale

19 Agosto 2024 - di Dino Cofrancesco

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Una democrazia sempre meno democratica e sempre più liberale, nel senso di una proliferazione dei diritti che tende a restringere il campo della politica (non si possono mettere ai voti diritti costituzionalmente blindati) Una democrazia sempre più democratica (in senso plebiscitario) e sempre meno liberale. Sono questi i fondamentalismi che minano la civiltà occidentale e quel superiore equilibrio tra passato e presente, tradizione e innovazione, che ne ha fatto storicamente la grandezza. Un esempio del primo è rappresentato dal saggio di Alessandro Mulieri, Contro la democrazia illiberale. Storia e critica di un’idea populista (Ed.Donzelli), una serrata requisitoria contro la filosofia della destra populista, che troverebbe in Viktor Orban, Alain de Benoist, Alexandr Dugin, Steve Bannon, Vladimir Putin i suoi esponenti più significativi. Come si possa accomunare agli altri un raffinato intellettuale come Alain de Benoit—interlocutore di Pierre-André Taguieff e stretto collaboratore di uno scienziato politico come Marco Tarchi—non è dato intendere. Del resto, è lo stesso bersaglio polemico di Mulieri che resta del tutto imprecisato. Alla democrazia illiberale non è riconosciuto alcuna idealità: è una rivolta contro la modernità, lo spirito delle rivoluzioni atlantiche,
l’illuminismo, il sapere aude kantiano, il riconoscimento della sacralità dell’individuo e dell’intangibilità dei suoi diritti ovvero un rigurgito autoritario e tribale il cui obiettivo è quello di riportare indietro le lancette dell’orologio della storia, combattendo contro la libertà di stampa, l’autonomia dei tribunali, la (nefasta) influenza degli intellettuali. Si tratta di una crociata identitaria, in nome di ‘Dio/Patria/Famiglia, intesa ad abolire i diritti faticosamente acquisiti dalle minoranze—ad es. il matrimonio gay—e a impedire un’immigrazione disordinata rea di stravolgere paesaggi dello spirito che si pretendono eterni. Che il discorso sulla modernità sia molto più complesso di quello svolo dalla destra illiberale è sospetto che non sembra sfiorare Mulieri sicché non meraviglia che un grande filosofo come Augusto Del Noce—v. il magistrale saggio che gli ha dedicato Francesco Perfetti, Dove va la storia contemporanea. Augusto Del Noce l’interpretazione transpolitica, Ed. Aragno—non venga neppure preso in considerazione; a differenza di Jacob L. Talmon e di Isaiah Berlin, le cui tesi sui rapporti tra democrazia e liberalismo vengono
ripetutamente sottoposte al rasoio liberal.

Una riprova del fondamentalismo di Mulieri è la pagina in cui ricorda il referendum elvetico del 2018. Possono esistere, scrive “forme di politiche indubbiamente democratiche che però portano a esiti chiaramente antiliberali o illiberali”. Una maggioranza del 58%per cento decise che “ le moschee che sorgeranno sul suolo svizzero non potranno erigere minareti”. Mulieri sembra dedurne che, in questi casi, bisogna non affidarsi alla democrazia in quanto lesiva di diritti “Coloro che si pronunciavano a favore o contro l’idea che un luogo di culto musulmano possa essere affiancato da un minareto hanno potuto spiegare al grande pubblico le proprie idee e confrontarsi sui pro e i contro di ciascuna posizione”. Tutto questo non è bastato, però, a tutelare la libertà di culto” che nessuno può togliere ai musulmani. La lezione è che non si deve ”ridurre la democrazia semplicemente al metodo elettivo” considerando “ il voto il solo e unico rappresentante della legittimità di questo regime”. Mulieri alle vittime (che poi non sono davvero tali, dal momento che la libertà di erigere moschee in Svizzera è fuori questione) riconosce valori e diritti mentre
agli svizzeri imputa il disegno di calpestare gli uni e gli altri. Ma non sono ideali rispettabili anche quelli di chi non tollera che lo skyline della sua città venga alterato da un minareto? Siamo alle solite: il fatto che la vittoria potrebbe toccare ai conservatori induce i progressisti a mettere un limite al potere del demos..
Sennonchè i diritti naturali non sono soltanto quelli iscritti nella filosofia dei lumi , se ne trovano (ahimé) anche nel pensiero tradizionale ed è ben per questo che il ricorso al voto, in una società laica e pluralista, risulta imprescindibile. In base alla logica di Mulieri, se la separazione delle carriere è un attentato al diritto all’indipendenza dei giudici, nessun governo e nessun Parlamento possono metterci mano. In tal modo, il dittatore totalitario non è più chi decide lo stato di eccezione ma chi fissa l’ordine del giorno del dibattito pubblico, stabilendo ad es.,che limitazione e controllo dell’immigrazione non possono venir decisi a colpi di
maggioranza.

Un caso inequivocabile di antifascistite acuta

14 Gennaio 2019 - di Dino Cofrancesco

Società

 Alberico Giostra non è uno dei tanti che scrivono su Facebook o su riviste on line lette da pochi intimi—parenti e amici. Ha lavorato al Tg La7 e scritto su ‘Liberazione’, ‘Il Manifesto’, ‘Il Riformista’, l’’Espresso’ e ‘Diario’. Nel 2007 ha pubblicato un’inchiesta su Clemente Mastella nel volume collettaneo, I nostri ponti hanno un anima, nel 2009, Il Tribuno. Storia politica di Antonio Di Pietro, nel 2013 l’e-book, Di Pietro ultimo atto. La caduta del Tribuno e nel 2018 Il partito del F.Q. Chi trova un nemico trova un tesoro, un feroce attacco al ‘Fatto Quotidiano’. Da tempo lavora alla RAI ovvero nell’ente pubblico che svolge un ruolo decisivo nell’informazione e, volente o nolente, nella formazione culturale degli italiani—qualche anno fa si sarebbe detto nella nazionalizzazione delle masse—e che, pertanto, dovrebbe fare una politica delle assunzioni particolarmente prudente e severa. L’8 gennaio Giostra ha postato su Facebook queste sue riflessioni: «Il pugile professionista che a Parigi si scaglia con violenza contro il poliziotto a terra, l’aggressione dei neofascisti di Forza Nuova contro il giornalista dell’Espresso, Federico Marconi, al Verano, dimostrano non solo che il fascismo non è un’ideologia ma un reato, ma che il fascismo è ed è sempre stato nient’altro che un orpello retorico per attribuire una miserabile logica politica ai più beceri istinti di violenza e sopraffazione. Si diventa fascisti perché si ha voglia di menare le mani, non per difendersi da qualche minaccia. Si diventa razzisti e omofobi perché si odiano i diversi da noi, non perché neri e omosessuali minaccino qualcosa o qualcuno. Si diventa antiabortisti perché si odia la libertà delle donne non per salvare la famiglia. Si diventa giustizialisti perché si è mossi dal sadico piacere di vedere ridotto alla gogna o condannato qualcuno, non per riaffermare una qualche presunta giustizia. Si diventa fascisti perché si ama la menzogna, perché la prima violenza il fascismo e i suoi fiancheggiatori la commettono contro la verità».   Leggi di più

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