Le due facce della generazione Z

Non si erano ancora spenti gli echi della visita di Giorgia Meloni a Caivano per l’inaugurazione del nuovo centro sportivo, con tanto di polemiche per la sarcastica stretta di mano al governatore De Luca (quello che l’aveva definita “quella stronza
della Meloni”), e già la realtà presentava il conto, con la notizia secondo cui, a Comiso (Catania), un ragazzo tunisino di 16 anni, ospite di una comunità per minorenni stranieri non accompagnati, aveva violentato una donna 33enne nella villa comunale. Il fatto sarebbe avvenuto dieci giorni fa, ma la notizia è stata diffusa solo ieri, a poche ore dal blitz del premier a Caivano.

L’accostamento fra le due notizie non potrebbe essere più emblematico. Da un lato i primi passi per garantire la presenza dello Stato nei territori più degradati, dall’altro le crude verità della cronaca. Sullo sfondo, l’eterno dibattito sulla funzione del
carcere, che dovrebbe mirare alla rieducazione e al reinserimento sociale degli autori di reati, ma non sempre si dimostra all’altezza. Il tutto inasprito dalle polemiche sul decreto Caivano, che – secondo i critici – sarebbe all’origine di un allarmante
aumento del numero di minori detenuti.

La materia è scottante, e tocca temi su cui nessuno è disposto a cambiare idea.
Proprio per questo, però, vale forse la pena fare il punto sui dati obiettivi, da cui qualsiasi proposta non può prescindere.

In Italia il ricorso alla reclusione nei confronti dei minori è estremamente limitato.
Secondo i dati più recenti, i minori detenuti negli IPM (Istituti Penali per Minori) sono 312 (più 211 “giovani adulti”), a fronte di un numero di reati commessi da minori ogni anno circa 100 volte superiore (più di 30 mila). Anche ammettendo che gli autori siano la metà (perché alcuni commettono più di un reato), ne deriva che in carcere entrano meno di 1 ragazzo o ragazza ogni 50 autori di reati. Dove finiscono gli altri?

La maggior parte non entra nel circuito penale, o se vi entra viene inserito in uno dei molti percorsi alternativi alla detenzione, fra i quali il più promettente è probabilmente quello della “messa alla prova” (che contribuisce a tener basso il numero di recidive). Se sommiamo i numeri dei principali percorsi alternativi alla detenzione risulta che i minori e giovani adulti inseriti in tali percorsi sono almeno 7 volte più numerosi dei minori e giovani adulti reclusi.

In breve: il nostro sistema penale è sicuramente criticabile, ma non sembra che la sua principale pecca possa essere il ricorso eccessivo alle misure detentive. Ma, viene talora obiettato, il problema è che stiamo osservando un drammatico aumento del ricorso alla detenzione, che è causato dalle misure del decreto Caivano. Anche qui, meglio riflettere sui dati prima di trarre conclusioni.

Se consideriamo il triennio 2019-2022 (l’unico per cui abbiamo dati completi e consolidati) quel che salta all’occhio non è l’aumento degli ingressi in carcere (+15.8% per i minorenni, ma -19% per i giovani adulti), bensì l’esplosione dei reati più violenti e aggressivi commessi da minorenni, italiani e soprattutto stranieri (che pur essendo molto meno numerosi degli italiani contribuiscono a più di metà dei reati).

Rapine: +33% quelle degli italiani (stranieri: +109.2%). Risse: +51.9% (stranieri: + 128.5%). Percosse: + 34.9% (stranieri: +121.7%). Lesioni dolose: +12.6% (stranieri:+ 62,7%). Minacce: +8.4% (stranieri: +59.5%). Violenza sessuale: + 3.9% (stranieri:
+ 59.0%). Solo nel caso degli omicidi tentati o consumati i minori italiani fanno peggio degli stranieri: +111.1% contro +12.1%.

Se c’è una cosa di cui stupirsi, non è il numero di minorenni in carcere, ma che all’esplosione del numero di reati violenti commessi da minori non sia seguita una paragonabile espansione del numero di detenuti negli IPM.

Vedremo fra qualche mese, quando saranno disponibili tutti i dati necessari, che cosa esattamente sia successo nell’ultimo anno sia sul versante dei reati che su quello degli ingressi in carcere (per ora sappiamo solo che gli ingressi totali negli IPM, compresi i
giovani adulti, sono aumentati dell’8.8% fra il 2022 e il 2023). Quello che però possiamo dire fin d’ora è che i dati della criminalità minorile degli ultimi anni mettono in crisi la descrizione standard della generazione Z, ossia delle ragazze e dei
ragazzi attualmente nella fascia 15-29 anni.

Spesso denominata snowflake generation (generazione fiocco di neve), sociologi e psicologi sociali l’hanno per lo più descritta nel registro della fragilità, afflitta da ansia, depressione, disturbi alimentari, autolesionismo, ritiro sociale, solitudine, tendenze suicidarie. I dati, in particolare quelli dei suicidi giovanili (in aumento da diversi anni), supportano pienamente questa descrizione, ma paiono non cogliere l’altra faccia della luna, ossia il fatto che la generazione Z è attraversata anche da spinte di natura opposta, di cui i comportamenti violenti sono solo la punta dell’iceberg.
Forse, è venuto il momento di prenderne atto: la generazione Z è una generazione bifronte. Chiunque voglia provare a capirla, non può guardarne una faccia soltanto.

[articolo uscito sul “Messaggero” il 30 maggio 2024]

 




Calabresi story e la generazione Z

Ansiosi, asociali ma anche straordinariamente benestanti rispetto a tutte le generazioni che li hanno preceduti. Ecco l’identikit degli “Zoomers”, i nati tra il 1997 e il 2012, secondo l’Economist, uno dei più importanti settimanali anglosassoni.

Gli Zoomers hanno meno di 27 anni. Che mondo lavorativo si trovano di fronte? Una vasta prateria dal punto di vista occupazionale rispetto alle generazioni che li hanno preceduti. Dal 1991 la disoccupazione giovanile nel mondo ricco non è mai stata così bassa. 

Il reddito spendibile della Generazione Z è più alto di quello delle generazioni che li hanno preceduti: l’Economist cita oltre a una marea di dati corroboranti la tesi, un esempio “pop”. Il concerto di una beniamina degli Zoomers, la 21enne Oliva Rodrigo. Non solo il costo del biglietto costava centinaia di dollari. Ma c’erano code per accaparrarsi magliette per la modica cifra di 50 dollari.

Gli Zoomers sono la generazione più ricca di sempre. Parliamo di 250 milioni di persone: stanno superando nel mondo del lavoro i baby boomers che essendo ultra sessantenni si stanno avviando verso la pensione. Sono anche la generazione a cui chi finanzia le imprese sta guardando di più. 

In una conferenza al Salone del Risparmio, l’ex direttore de La Stampa e de La Repubblica, Mario Calabresi, figlio dell’ex Commissario Luigi Calabresi ucciso da militanti di Lotta continua, lo ha candidamente confessato.

Perchè uno come lui con un lavoro sicuro lascia tutto per andare a lavorare in una start-up diventando imprenditore? Calabresi, oggi Ceo di Chora Media, la regina in Europa dei podcast, lo spiega così durante la conferenza Selfie: che investitore sei? organizzata da UBS con ospiti davvero uno più interessante dell’altro.

Dopo 10 anni passati a dirigere giornali, avevo visto molto deteriorarsi il business model dell’editoria tradizionale e soprattutto avevo visto che l’età media di chi leggeva i giornali era sempre più alta e non parlava più con chi aveva vent’anni e chi aveva trent’anni”. Insomma, di chi parla Calabresi? Degli Zoomers, gli stessi di cui parla l’Economist. E fa autocritica.

​Non puoi pensare – se sei un giornalista o il direttore di un giornale – che non stai parlando alla parte più attiva della società. “Soprattutto perché quando avevi a che fare con gli sponsor pubblicitari – ricorda Calabresi – ti chiedevano: trentenni e quarantenni quanti ne abbiamo? Io rispondevo: pochissimi, però abbiamo un sacco di settantenni e ottantenni.

Calabresi teme di essere sulla lunghezza d’onda della generazione sbagliata e a quel punto si prende un anno sabbatico. Ha cinquant’anni e ancora vent’anni prima della pensione. Viaggia in Europa e negli Stati Uniti. Cerca di capire nell’editoria cosa è in crescita, quali sono i trend di lungo periodo. Scopre che nel mondo, dalla Gran Bretagna al Brasile alla Spagna, sono i contenuti audio che stanno crescendo. In Italia però i contenuti audio non sembrano essere così popolari.

Calabresi si chiede “È un problema di domanda o di offerta?” Sono gli italiani gli unici a cui in tutto il mondo non interessano i contenuti audio o non li ascoltano perché i contenuti non sono all’altezza? Diventa imprenditore. Nel 2021 ricorda Calabresi Chora Media faceva 1 milione di ascolti, negli ultimi 12 mesi la società di cui Calabresi è diventato CEO lasciando un lavoro sicuro per fare l’imprenditore ha fatto 100 milioni di ascolti.

Chi ascolta i podcast di Chora Media? Gli Zoomers (quelli con meno di trent’anni) e i 40 enni, il pubblico per cui Calabresi voleva rendersi appetibile con contenuti editoriali.

La fascia di lavoratori, la generazione Z, che in America sta diventando come abbiamo visto più numerosa. Quella con il reddito spendibile più alto di tutte le generazioni che l’hanno preceduta. E quella con lo stipendio più in crescita ricorda l’Economist: “in America la crescita della retribuzione oraria tra i giovani di età compresa tra i 16 e i 24 anni ha recentemente raggiunto il 13% su base annua” racconta il quotidiano anglosassone “rispetto al 6% per i lavoratori di età compresa tra 25 e 54 anni.

La generazione Z è anche quella più richiesta dal mondo del lavoro come racconta il settimanale Economist parlandoci della Grecia “Il tasso di disoccupazione giovanile della Grecia è diminuito della metà rispetto al suo picco. Gli albergatori di Kalamata, destinazione turistica, lamentano una carenza di manodopera, qualcosa di impensabile solo pochi anni fa.”

Certo anche questa generazione ha i suoi problemi: asociali e ansiosi, secondo Jonathan Haidt, uno psicologo sociale della New York University, che ha dedicato loro un libro in cui li ha dipinti come una generazione un po’ triste, mi verrebbe da dire. “I giovani di oggi hanno meno probabilità di formare relazioni rispetto a quelli di ieri – scrive Haidt nel libro “The Anxious Generation” – Hanno maggiori probabilità di essere depressi o di dire che alla nascita gli è stato assegnato il sesso sbagliato. Hanno meno probabilità di bere, fare sesso, avere una relazione, anzi, di fare qualcosa di eccitante e trascorrono in media solo 38 minuti al giorno a socializzare di persona.”​

Però, hanno un sacco di soldi, di possibilità di lavoro e sono così potenti da convincere un professionista “arrivato” come l’ex direttore de La Stampa e Repubblica Mario Calabresi a confezionare qualcosa di “adatto” per loro.

Può essere che qualcosa, in pochi anni, sia cambiato così velocemente e non ce ne siamo accorti?

Se avete figli o nipoti di 12, 14, 16, 20, 25 anni pensate a cosa possono permettersi loro e quale capacità di spesa hanno, a quali consumi attingono e fate un confronto con i soldi, i consumi e le cose che noi cinquantenni, sessantenni e settantenni ci permettevamo alla loro stessa età.

È un confronto impietoso.