Pd e Forza Italia, verso l’estinzione?

Secondo gli ultimi sondaggi, Cinque Stelle e Lega, ossia i vincitori di queste elezioni, stanno accrescendo ancora i loro consensi. Simmetricamente, Pd e Forza Italia li stanno riducendo. Il Pd sta scendendo pericolosamente verso la soglia del 15%, mentre Forza Italia sta scivolando addirittura verso quella del 10%, oltre la quale si entra inesorabilmente nel regno dei partitini.

È vero che, dopo un successo elettorale, c’è sempre un po’ di effetto band-wagon, ovvero “salita sul carro del vincitore”, ma è anche vero che, da qualche tempo, in Europa, i cambiamenti di umore degli elettorati sono diventati repentini e molto ampi. Un partito o un leader possono affermarsi in un baleno, come Macron in Francia, ma pure, altrettanto rapidamente, sparire dalla scena, come Hollande e il partito socialista (sempre in Francia). Non siamo, in altre parole, in tempi di lenti declini o graduali ascese, bensì in tempi di improvvisi e drammatici uragani politici. Ecco perché, forse, non è fuori luogo porci la domanda: la crisi del Pd e di Forza Italia è una parentesi passeggera, o è l’inizio di un processo irreversibile, che li condannerà presto all’irrilevanza?

Credo che questa domanda sia importante non solo in sé (dopotutto stiamo parlando delle due forze politiche che hanno dominato la vita politica nella seconda Repubblica), ma perché, se non ce la poniamo, diventa difficile capire tutte le mosse che i partiti stanno mettendo in atto in questa tormentata fase di ricerca di una maggioranza e di un accordo di governo. Le mosse dei vincitori (Cinque Stelle e Lega) sono dettate dall’ovvio desiderio di accrescere il proprio potere, ma quelle dei perdenti (Pd e Forza Italia) non possono non essere dettate anche da un istinto ben più basico, quello della pura e semplice sopravvivenza. Perché, che lo riconoscano o lo neghino più o meno sdegnosamente, questo l’hanno capito sia i dirigenti del Pd che quelli di Forza Italia: fra qualche anno i loro partiti potrebbero scomparire (è appena successo a Ncd e a Scelta civica), o precipitare nel limbo dei partiti piccoli e marginali.

Ma veniamo al nocciolo della questione: ce la possono fare a sopravvivere, o addirittura a tornare sopra il 20% dei consensi?

La mia impressione è che, se nulla cambia, la risposta sia negativa. Con queste classi dirigenti, con questo immobilismo culturale, con questa mancanza di idee nuove, non ce la possono fare. Per salvarsi, entrambi dovrebbero attuare una sorta di rivoluzione nei rispettivi mondi, rivoluzione che, per definizione, l’establishment di un partito non può essere portato a fare.

Non è solo questo, però. Sia Forza Italia, sia il Pd, scontano anche altri due fattori di debolezza. Il primo è il rischio di frammentazione legato alla nascita di un nuovo governo. Se ci sarà un accordo Di Maio-Salvini, è possibile che una parte di Forza Italia non ci stia (Brunetta lo ha già annunciato esplicitamente, parlando di sé). Se ci sarà un governo Cinque Stelle – Pd, è praticamente certo che una parte del Pd non ci starà (il che creerà degli enormi problemi di governabilità, visti i numeri in Senato). Per non parlare della ferita che si aprirebbe nel Pd ove, grazie ai suoi voti, si dovesse formare un governo di centro-destra.

Ma il fattore di debolezza maggiore, e il rischio di estinzione più serio, viene da un altro fronte ancora, e cioè quello dell’elettorato. Può piacerci o no (a me non piace), ma sta di fatto che, in una parte molto rilevante dell’elettorato, Movimento Cinque Stelle e Lega sono visti come declinazioni più pure, più chiare, più comprensibili di quel che partiti come Pd e Forza Italia dovrebbero rappresentare. Per molti elettori il Movimento Cinque Stelle, con il suo impegno contro la povertà, il suo giustizialismo, il suo moralismo anti-casta, il suo anti-berlusconiano, è una sorta di sinistra più sana, più genuina, meno innamorata del potere. E, specularmente, per molti elettori la Lega, con il suo programma radicale contro l’immigrazione irregolare, contro la legge Fornero, per una flat tax ultra-piatta (aliquota unica al 15%), è una sorta destra più netta, più chiara, meno disposta al compromesso.

Se Pd e Forza Italia saranno fagocitati da Cinque Stelle e Lega sarà per tanti motivi, compresi gli incredibili errori e le sorprendenti inadeguatezze delle rispettive classi dirigenti, ma verosimilmente sarà innanzitutto per l’ultima ragione di cui abbiamo parlato: l’incapacità di essere, ma forse sarebbe meglio dire di apparire, una vera sinistra e una vera destra.




Un confronto tra legislature

Cosa è successo tra il 2008 e il 2017? Siamo usciti dalla crisi?

È proprio vero che la destra è sinonimo di ordine? Ma Renzi ha davvero fatto ripartire l’Italia? L’Europa è la causa di ogni male?

Con le elezioni alle porte sono queste le domande che si pongono tutti e alle quali si può rispondere con una semplice esplorazione dei dati.

Destra o sinistra? Un’analisi empirica di legislatura.