Educazione sessuale e violenza di genere – Il paradosso nordico

26 Febbraio 2025 - di Luca Ricolfi

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Di educazione sessuale a scuola si parla da almeno cinquant’anni, ma la questione è tornata di attualità dopo l’uccisione di Giulia Cecchettin (autunno 2023), una vicenda che molti hanno visto anche come conseguenza di un deficit di educazione sentimentale.

Per molti osservatori gli episodi di bullismo, violenza fisica e sessuale, aggressione, fino allo stupro e all’uccisione, potrebbero essere contenuti ove l’Italia seguisse la strada percorsa dalla maggior parte dei paesi europei, che da tempo hanno introdotto l’educazione sessuale nei programmi scolastici.

Anche su questo sinistra e destra tendono a dividersi. La sinistra non ha dubbi sull’utilità e l’efficacia dei programmi di educazione sessuale, specie se mettono in discussione gli stereotipi di genere e sono attenti alle problematiche LGBT. La destra, invece, di dubbi ne ha molti: è scettica sull’efficacia dell’educazione sessuale come mezzo di contrasto della violenza di genere, pensa che a occuparsene debba essere la famiglia, paventa rischi di indottrinamento woke.

Curiosamente, però, nessuno sembra porsi una semplice domanda: che cosa dicono i dati?

Eppure, se è vero che più di metà dei paesi europei prevede programmi più o meno avanzati di educazione sessuale, e molti di essi li hanno introdotti molto tempo fa (la Svezia nel 1955), non varrebbe la pena analizzare le loro esperienze? Più esattamente, se è fondata la fede progressista nella capacità dell’educazione sessuale di contrastare la violenza di genere, non dovremmo osservare risultati incoraggianti nei paesi che, a differenza dell’Italia, l’hanno già introdotta da tempo?

A prima vista i dati disponibili (fermi al 2022) deludono completamente le aspettative. I casi di violenza sessuale denunciati in Italia sono circa 9 ogni 100 mila abitanti, ma nella modernissima e civilissima Svezia sono 200, più di venti volte tanti. Se allarghiamo l’orizzonte, e distinguiamo fra i 16 paesi europei segnalati come virtuosi in base ai rapporti Unesco (Svezia inclusa) e i rimanenti paesi UE (Italia inclusa), il contrasto si attenua, ma non sparisce affatto: nei paesi con l’educazione sessuale a scuola le violenze sessuali sono 55 ogni 100 mila abitanti, negli altri paesi sono solo 11, ossia 5 volte di meno.

Dobbiamo concludere che l’educazione sessuale è dannosa?

Ovviamente no, perché i fattori che spiegano la violenza sessuale sono anche altri, e potrebbero agire a sfavore dei paesi avanzati. Inoltre, non si può escludere che, essendo i dati delle violenze sessuali basati sulle denunce, i tassi dei paesi avanzati riflettano tassi di denuncia più alti, e quelli dei paesi arretrati siano sgonfiati da tassi di denuncia più bassi.

Per evitare questa possibile fonte di distorsione, conviene rivolgere l’attenzione al numero di donne uccise per milione di abitanti, uno dei pochi reati sostanzialmente privi di “numero oscuro” (ossia di casi non denunciati). Se procediamo così il quadro si fa più complesso. L’Italia ha uno dei tassi di donne uccise più bassi dell’Unione Europea (solo Irlanda e Lussemburgo hanno valori inferiori ai nostri), la civilissima Svezia ne ha il 31% in più, la Danimarca il 69% in più, la Finlandia il 133% in più. È il cosiddetto “paradosso nordico”, che nessuno studio è finora riuscito a spiegare in modo soddisfacente.

Nello stesso tempo, è vero che se – come per le violenze sessuali – confrontiamo il blocco dei paesi virtuosi (nordici e non) con quello dei paesi restanti (mediterranei e non), i conti tornano più in linea con il senso comune: i paesi più avanzati in termini di educazione sessuale hanno meno donne uccise per abitante (anche se va detto che il risultato è fortemente influenzato dal dato della Lettonia, circa 10 volte più severo di quello dell’Italia).

Conclusioni?

Impossibile fare affermazioni perentorie senza prendere in considerazione molti più paesi e molte più variabili. Quel che possiamo dire è solo che, nell’Unione Europea, l’Italia è uno dei paesi meno pericolosi per le donne, almeno per quel che riguarda il rischio di venire uccise. E che, quanto all’impatto dell’educazione sessuale, l’entità (e il segno) dei suoi effetti sulla violenza di genere sono ancora tutti da verificare, come il “paradosso nordico” si incarica di ricordarci. Destra e sinistra dovrebbero farsene una ragione.

[articolo inviato alla Ragione il 23 febbraio]