Il termometro dell’epidemia (release 1.0)

Oggi (ultimo dato disponibile, ore 18.00 del 10 maggio) la temperatura dell’epidemia è scesa di poco più di 1 grado rispetto a quella del giorno precedente, passando da 27 a 25,9 gradi pseudo-Kelvin.

Questo miglioramento è dovuto al calo dei nuovi casi e soprattutto alla diminuzione delle ospedalizzazioni (rispetto ad una settimana fa: -3.624 i ricoveri ordinari e -474 i ricoveri in terapia intensiva). Rimangono sostanzialmente stabili i decessi.

Va ricordato, come sempre, che l’andamento della temperatura non riflette quello dei contagi attuali, ma quello dei contagi avvenuti 2-3 settimane fa, in pieno lockdown.

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Nota tecnica

Abbiamo abbandonato lo strumento precedente perché, in una fase di ospedalizzazioni decrescenti come quella in corso da qualche settimana, avrebbe richiesto informazioni che la Protezione Civile non fornisce.

Il nuovo strumento si fonda su 3 tipi di informazioni:

  1. l’andamento dei decessi ufficialmente registrati;
  2. una stima del numero quotidiano di ingressi di pazienti Covid negli ospedali;
  3. l’andamento dei nuovi contagi, corretto per tenere conto del ciclo settimanale e della politica dei tamponi.

Il livello della temperatura è proporzionale al flusso medio giornaliero di nuovi contagi 2-3 settimane fa, epoca cui necessariamente si riferiscono tutti gli indicatori disponibili su base quotidiana.

Una temperatura zero corrisponde a una situazione in cui tutti e tre gli indicatori segnalano un sostanziale arresto dei nuovi contagi: zero nuovi morti, zero nuovi ingressi in ospedale, zero nuovi casi.

Una temperatura pari a 100 corrisponde a un flusso quotidiano di nuovi contagiati intenso come quello registrato nella settimana di picco, collocata fra la fine di marzo e i primi di aprile.

Allo stato attuale dell’informazione, è impossibile stabilire con esattezza a quale temperatura corrisponde 1 grado pseudo-Kelvin. Una stima ottimistica, che assume che il tasso di letalità sia del 2% e il “numero oscuro” dei casi non rilevati sia un po’ minore di 2:1, suggerisce di interpretare ogni grado in più o in meno come una variazione pari a 1000 nuovi contagiati. Una stima meno ottimistica, che assume che il tasso di letalità sia dell’1%, suggerisce che 1 grado pseudo-Kelvin corrisponda a 2000 nuovi casi al giorno.

 




Il termometro dell’epidemia (release 1.0)

Oggi (ultimo dato disponibile, ore 18.00 dell’8 maggio) la temperatura dell’epidemia è tornata a scendere, passando da 30.2 a 29.1 gradi pseudo-Kelvin.

Il miglioramento si deve a tutte e tre le componenti che contribuiscono al calcolo dell’indice (decessi, ospedalizzazioni, nuovi casi).

Va ricordato, come sempre, che l’andamento della temperatura non riflette quello dei contagi attuali, ma quello dei contagi avvenuti 2-3 settimane fa, in pieno lockdown.

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Nota tecnica

Abbiamo abbandonato lo strumento precedente perché, in una fase di ospedalizzazioni decrescenti come quella in corso da qualche settimana, avrebbe richiesto informazioni che la Protezione Civile non fornisce.

Il nuovo strumento si fonda su 3 tipi di informazioni:

  1. l’andamento dei decessi ufficialmente registrati;
  2. una stima del numero quotidiano di ingressi di pazienti Covid negli ospedali;
  3. l’andamento dei nuovi contagi, corretto per tenere conto del ciclo settimanale e della politica dei tamponi.

Il livello della temperatura è proporzionale al flusso medio giornaliero di nuovi contagi 2-3 settimane fa, epoca cui necessariamente si riferiscono tutti gli indicatori disponibili su base quotidiana.

Una temperatura zero corrisponde a una situazione in cui tutti e tre gli indicatori segnalano un sostanziale arresto dei nuovi contagi: zero nuovi morti, zero nuovi ingressi in ospedale, zero nuovi casi.

Una temperatura pari a 100 corrisponde a un flusso quotidiano di nuovi contagiati intenso come quello registrato nella settimana di picco, collocata fra la fine di marzo e i primi di aprile.

Allo stato attuale dell’informazione, è impossibile stabilire con esattezza a quale temperatura corrisponde 1 grado pseudo-Kelvin. Una stima ottimistica, che assume che il tasso di letalità sia del 2% e il “numero oscuro” dei casi non rilevati sia un po’ minore di 2:1, suggerisce di interpretare ogni grado in più o in meno come una variazione pari a 1000 nuovi contagiati. Una stima meno ottimistica, che assume che il tasso di letalità sia dell’1%, suggerisce che 1 grado pseudo-Kelvin corrisponda a 2000 nuovi casi al giorno.




L’Italia e gli altri. Bollettino Hume sul Covid-19 (4°)

Bollettino bisettimanale sull’andamento dell’epidemia

La Fondazione Hume pubblica oggi (8 maggio) il IV Bollettino sull’andamento dell’epidemia.

Dopo aver analizzato la situazione nelle regioni italiane (lunedì 4 maggio), oggi vogliamo valutare la velocità del contagio in Italia confrontandola con quella degli altri paesi.

Il grafico che segue rappresenta la quota di strada che ancora si deve percorrere per raggiungere l’obiettivo dei “contagi zero”. Il calcolo si basa sulla mortalità per abitante fatto 100 il numero giornaliero dei decessi registrati nel giorno di picco dell’epidemia.

Come si vede, l’Italia si colloca a metà classifica (come una settimana fa) registrando un 31.2.

Rispetto a venerdì scorso la sua situazione è migliorata (era al 40.5%).  Ci sono però paesi che hanno fatto meglio come ad esempio l’Austria, la Svizzera, la Slovenia, la Lituania, Israele o i Paesi Bassi che sette giorni fa ci seguivano in graduatoria e oggi ci precedono.

Vi è chi ha fatto peggio di noi. Hanno rallentato la caduta dei decessi il Belgio, il Lussemburgo, la Repubblica Ceca, la Finlandia e l’Ungheria. In lieve peggioramento anche la Danimarca.

Il lento progresso dell’Italia verso “zero contagi” emerge anche dal grafico seguente che rappresenta la velocità di discesa verso la meta. Il tasso di caduta dei contagi continua a rimanere ancorato al 3%. Siamo il quintultimo paese con il tasso di caduta della curva più lento.

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Nota tecnica

I paesi considerati sono tutti quelli in cui:

  1. l’epidemia ha varcato la soglia dei 10 morti per milione di abitanti;
  2. il picco è già stato superato da almeno 4 giorni.
  3. il picco è stato calcolato come variazione trigiornaliera

Leggi i Bollettini precedenti

 

 




Il termometro dell’epidemia (release 1.0)

Oggi (ultimo dato disponibile, ore 18.00 del 7 maggio) la temperatura dell’epidemia, per la prima volta dal 14 aprile, non è scesa nemmeno di una linea (anzi è leggerissimamente aumentata, questione di centesimi di grado).
Siamo dunque ancora sopra i 30 gradi, precisamente a 30.2 gradi pseudo-Kelvin, come il giorno precedente. Questo segnale negativo è la risultante del cattivo andamento dei decessi, sempre su livelli alti, e di segnali di ripresa degli accessi in ospedale, specie in terapia intensiva. Questi segnali negativi sono controbilanciati, fortunatamente, dal buon andamento dei nuovi contagiati ufficiali, che però intercettano solo una minuscola parte dei contagiati totali.

Va ricordato, come sempre, che l’andamento della temperatura non riflette quello dei contagi attuali, ma quello dei contagi avvenuti 2-3 settimane fa, in pieno lockdown.

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Nota tecnica

Abbiamo abbandonato lo strumento precedente perché, in una fase di ospedalizzazioni decrescenti come quella in corso da qualche settimana, avrebbe richiesto informazioni che la Protezione Civile non fornisce.

Il nuovo strumento si fonda su 3 tipi di informazioni:

  1. l’andamento dei decessi ufficialmente registrati;
  2. una stima del numero quotidiano di ingressi di pazienti Covid negli ospedali;
  3. l’andamento dei nuovi contagi, corretto per tenere conto del ciclo settimanale e della politica dei tamponi.

Il livello della temperatura è proporzionale al flusso medio giornaliero di nuovi contagi 2-3 settimane fa, epoca cui necessariamente si riferiscono tutti gli indicatori disponibili su base quotidiana.

Una temperatura zero corrisponde a una situazione in cui tutti e tre gli indicatori segnalano un sostanziale arresto dei nuovi contagi: zero nuovi morti, zero nuovi ingressi in ospedale, zero nuovi casi.

Una temperatura pari a 100 corrisponde a un flusso quotidiano di nuovi contagiati intenso come quello registrato nella settimana di picco, collocata fra la fine di marzo e i primi di aprile.

Allo stato attuale dell’informazione, è impossibile stabilire con esattezza a quale temperatura corrisponde 1 grado pseudo-Kelvin. Una stima ottimistica, che assume che il tasso di letalità sia del 2% e il “numero oscuro” dei casi non rilevati sia un po’ minore di 2:1, suggerisce di interpretare ogni grado in più o in meno come una variazione pari a 1000 nuovi contagiati. Una stima meno ottimistica, che assume che il tasso di letalità sia dell’1%, suggerisce che 1 grado pseudo-Kelvin corrisponda a 2000 nuovi casi al giorno.




“DECANTARE”. Riaprire i Teatri

La frase che più mi ha accompagnato in questo lungo periodo di isolamento forzato è stata, curiosamente, la frase di un allenatore di calcio: Cesare Prandelli.

Ha scritto: “Bisogna decantare il lutto e il dolore. Ci vuole rispetto per chi ha sofferto. Non si può passare dal cimitero allo stadio, da un cimitero di bare alla ola. Se il calcio perde tre o quattro mesi non cambia nulla. Non devono essere pronti a giocare solo i calciatori, deve essere pronta anche la gente a gioire”.

Ho trovato in queste semplici e toccanti parole la riflessione più pertinente al nostro tempo, ai comportamenti e infinite reazioni, reali o virtuali, di questo periodo.

E mi sono interrogato sul Teatro. Sulla necessità legittima di continuare la sua vita e di quelli che lo fanno esistere quotidianamente.

Comprendo perfettamente l’apprensione delle Strutture, delle Compagnie, degli attori e di tutti coloro che partecipano alla vita dello spettacolo dal vivo: E sono totalmente solidale.

Ma, al di là delle comprensibilissime preoccupazioni economiche, ho finalmente sentito una vera condivisione, una vera partecipazione alla situazione presente, solo grazie alle parole di quell’allenatore, che hanno dimostrato un vero senso della collettività.

E al di là delle complicatissime precauzioni che dovremo utilizzare nei luoghi chiusi, come i Teatri, con quale spirito anche noi, gente di teatro, potremmo tornare a “gioire” e “far gioire”?

Forse noi non pensiamo a “decantare il lutto e il dolore” di tutte quelle persone che hanno sofferto o stanno soffrendo e a quelle che sono decedute? Si continua come prima? Si va al ristorante come prima? Come prima si va al cinema, a ballare, allo stadio, ai concerti…e in tutti quei luoghi, che adesso bisognerebbe evitare per problemi di “assembramento”? Come se nulla fosse successo?

Quando ci ritroveremo insieme, con o senza mascherina, di sicuro avremo soprattutto voglia di raccontarci questa condizione, che abbiamo vissuto così a lungo, così soli; senz’altro ci confronteremo sulle sensazioni ed emozioni che abbiamo provato; discuteremo di cosa è giusto ed è sbagliato, di cosa è stato fatto bene e di ciò che, a nostro giudizio, si poteva far meglio. Forse litigheremo e comunque avremo senza dubbio un argomento dominante in comune: il virus che ci ha colpito.

Lo so, avremo anche voglia di distrarci, di leggerezza, di serenità. E so perfettamente che la ricca economia del calcio non può essere avvicinata a quella più umile del Teatro, ma cosa offriremo al pubblico?

Distrazione? Leggerezza? Serenità? Saremo capaci di riproporre, come se nulla fosse accaduto, una rielaborazione shakespeariana o un nuovo testo Covid19 cinicamente ben confezionato?

Leggo di continui appelli affinché il teatro non muoia, di “lavoratori dello spettacolo” in grande difficoltà, della problematica economica del settore, che effettivamente è, e sarà, enorme. Siamo tutti d’accordo che si dovrà trovare un modo di sostenere il settore.

Ma nello stesso settore, purtroppo non scorgo quella profonda interrogazione, presente nelle parole di quell’allenatore che, invece, ci ricorda semplicemente i sentimenti fondamentali di una collettività.

Apparteniamo a questa comunità comunale, provinciale, regionale, nazionale, europea, internazionale, mondiale?

Se sì, perché non percepiamo violentemente questo “arresto” imposto dalla Natura? Perché si corre per riprendere a qualsiasi costo, subito? Anche quelle attività che, seppur considerate importanti per la Società, dovrebbero davvero fermarsi per riconsiderare il loro ruolo e l’energia creativa che le fonda?

Come potremmo re-incontrare il pubblico e riprendere senza quella fascia nera che, ancor oggi, si mette al braccio per dichiarare un lutto?

Invece sento solo parlare di problemi economici, che sono drammatici e di certo non sottovaluto, ma non posso accettare che il mondo del Teatro, di cui faccio parte da quasi cinquant’anni, non reagisca alle banalità imperanti della comunicazione globale, senza almeno interrogarsi sull’opportunità di “ripartire subito” e soprattutto sulla disponibilità del pubblico dopo una tale ondata emotiva.

Non ho soluzioni, né proposte da fare, ma poiché da due mesi osservo e ascolto la natura che, senza sosta parla, e poiché sento prepotentemente il suo richiamarci all’essenziale, avrei voglia di ricordare a tutti noi del Teatro che, se vogliamo essere lo specchio ( deformante o/e deformato) della Società e della Storia, non possiamo sorvolare su questo tempo che ci è dato, spartiacque doloroso ma ineluttabile, ma piuttosto attendere, e modellare fiduciosi, quel “mondo nuovo” che si sta manifestando davanti ai nostri occhi.

Oltre al pubblico, anche noi abbiamo diritto al lutto e al dolore.

Noi che, come tutti, abbiamo assistito, impotenti, a sfilate di carri funebri, a visi deformati dal pianto, al disorientamento di bambini, giovani, adulti e vecchi, ma anche a serietà, professionalità, solidarietà e generosità inaspettate.

 Il Teatro che seguirà conterrà tutto il bene e il male di questa esperienza epocale.

 Ma solo se si sarà capaci di ascoltare, con pazienza e umiltà, la voce di un mondo che ci ha lasciato.