Indice DQP: per la pseudo-immunità di gregge (70% di vaccinati) dobbiamo aspettare metà agosto 2021

Le autorità politiche e sanitarie, in particolare il ministro Roberto Speranza e la sottosegretaria Sandra Zampa, hanno ripetutamente dichiarato che la campagna di vaccinazione serve a raggiungere la cosiddetta immunità di gregge:

5 dicembre: “Il nostro obiettivo è l’immunità di gregge grazie al vaccino” (Roberto Speranza).

17 dicembre: “Immunità di gregge a settembre-ottobre prossimi (Sandra Zampa).

28 dicembre: “Oggi il ministro Speranza ha precisato che entro marzo raggiungeremo la quota di 13 milioni di italiani vaccinati contro Covid-19, e quindi in estate potremo già essere molto avanti nel perseguimento dell’obiettivo immunità di gregge data dal 70%” (Sandra Zampa).

9 gennaio 2021: “Per arrivare all’immunità di gregge dobbiamo vaccinare l’80% di 60 milioni di italiani” (Sandra Zampa).

13 marzo 2021: “È stata considerata una progressione della capacità vaccinale dalle 170 mila somministrazioni medie giornaliere (registrate dal 1 al 10 marzo) fino ad almeno 500 mila entro il mese di aprile” (Piano vaccinale del Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19). In base al nuovo Piano vaccinale si dovrebbe arrivare a raggiungere il 70% di copertura vaccinale a fine agosto.

Per “immunità di gregge” si intende una situazione nella quale ci sono abbastanza persone vaccinate (e non in grado di trasmettere il virus) da portare la velocità di trasmissione del virus (Rt) al di sotto di 1, con conseguente progressiva estinzione dell’epidemia. Per calcolare la percentuale di vaccinati necessaria (Vc) per avviare il processo di estinzione dell’epidemia occorre conoscere il valore di R0 (velocità di trasmissione in condizioni di normalità) e il valore di E (efficienza media dei vaccini, intesa come capacità di bloccare la trasmissione):

Vc = (1-1/R0)/E

Poiché R0 ed E dipendono dal tipo di varianti presenti in un determinato paese in un dato momento, nonché dalle caratteristiche dei vaccini, nessuno è attualmente in grado di indicare la soglia per l’immunità di gregge. Se E è troppo basso, il valore di Vc supera 1, il che significa che nemmeno vaccinando tutti si ottiene l’immunità di gregge.

Ecco perché la soglia del 70% da noi utilizzata NON è quella che garantisce l’immunità di gregge (e che è sconosciuta), ma è semplicemente la quota realisticamente raggiungibile in un paese come l’Italia, in cui non si possono vaccinare i più giovani (perché manca il vaccino), e una parte degli adulti non intende vaccinarsi.

Ma quante settimane occorreranno per vaccinare un numero di italiani sufficiente a raggiungere una copertura del 70%?

A rispondere a questa domanda provvede l’indice DQP (acronimo di: Di Questo Passo), che stima il numero di settimane che sarebbero ancora necessarie se – in futuro – le vaccinazioni dovessero procedere “di questo passo”.

A metà della venticinquesima settimana del 2021 (mercoledì mattina, 23 giugno) il valore di DQP è pari a 7 settimane, il che corrisponde al raggiungimento della pseudo-immunità di gregge verso metà agosto del 2021.

Anche questa settimana, il valore del DQP è rimasto sostanzialmente stabile.

Negli ultimi sette giorni, sono state somministrate poco meno di 3.8 milioni di dosi, circa 542 mila somministrazioni giornaliere (si è scesi sotto quota 500 mila soltanto nella giornata di domenica 20 giugno), in linea con gli obiettivi del piano vaccinale.

Nel caso in cui si decidesse di utilizzare soltanto vaccini che prevedono una seconda somministrazione, occorrerebbero 3 settimane in più. “Di questo passo” la pseudo-immunità di gregge verrebbe raggiunta in 10 settimane, non prima di fine agosto del 2021.


Nota tecnica

Le stime fornite ogni settimana si riferiscono ai 7 giorni precedenti e si basano sui dati ufficiali disponibili la mattina del giorno in cui viene calcolato il DQP (quindi possono subire degli aggiornamenti).

Va precisato che la nostra stima è basata sulle ipotesi più ottimistiche che si possono formulare, e quindi va interpretata come il numero minimo di settimane necessarie.

Più esattamente l’interpretazione dell’indice è la seguente:

DQP = numero di settimane necessario per raggiungere almeno il 70% degli italiani con almeno 1 vaccinazione completa procedendo “Di Questo Passo”.

A partire dalla prima settimana completa dell’anno (da lunedì 4 a domenica 10 gennaio) la Fondazione Hume calcola settimanalmente il valore dell’indice DQP (acronimo per: Di Questo Passo).

L’indice si propone di fornire, ogni settimana, un’idea vivida della velocità con cui procede la vaccinazione, indicando l’anno e il mese in cui si potrà raggiungere l’immunità di gregge procedendo “Di Questo Passo”.

Il calcolo dell’indice si basa su 3 parametri:

  1. quante vaccinazioni sono state effettuate nell’ultima settimana considerata;
  2. quante vaccinazioni erano già state effettuate dall’inizio della campagna (1° gennaio 2021) fino alla settimana anteriore a quella su cui si effettua il calcolo;
  3. che tipo di vaccini verranno presumibilmente usati (a 2 dosi o a dose singola).

Nella versione attuale l’indice si basa su due ipotesi ottimistiche, e precisamente:

  • l’obiettivo è solo di vaccinare il 70% della popolazione (anziché l’80 o il 90%, come potrebbe risultare necessario);
  • ci si accontenta di vaccinare ogni italiano in modo completo una sola volta, trascurando il fatto che, ove la campagna di vaccinazione dovesse prolungarsi per oltre un anno, bisognerebbe procedere a un numero crescente di rivaccinazioni.



Variante delta, qualcosa è cambiato

Premetto che posso sbagliarmi, e che il futuro potrebbe rivelarsi – speriamo – più roseo di come io l’immagino. Però penso che non sia opportuno nascondere, o minimizzare, alcuni dati che stanno emergendo negli ultimi tempi riguardo all’andamento dell’epidemia.

Comincio da quel che sta accadendo nel Regno Unito, ossia nel paese europeo più avanti con la vaccinazione. Ebbene, passata l’euforia da riaperture del mese di aprile, da qualche settimana le autorità sono preoccupate perché tutti i principali indicatori dell’andamento dell’epidemia sono in risalita. Negli ultimi 15 giorni sono cresciuti il numero di morti, gli ingressi in terapia intensiva, le ospedalizzazioni, il numero di nuovi casi, il quoziente di positività, nonché il valore di Rt (quest’ultimo abbondantemente sopra 1 da oltre un mese). In breve: a dispetto della campagna di vaccinazione più avanzata del continente europeo, e nonostante il favore della stagione (sole + vita all’aperto), l’epidemia sta rialzando la testa.

Perché?

Difficile attribuire la responsabilità alle timide riaperture di maggio, o alla indisciplina degli inglesi, non certo superiore a quella degli italiani. Secondo la maggior parte degli osservatori, la causa del riaccendersi del contagio è la cosiddetta variante indiana (ora ribattezzata delta, per non offendere gli indiani: ci mancava pure il “vaccinalmente corretto”…), che nel Regno Unito nel giro di pochissimi mesi è diventata largamente dominante (98%). La sua velocità di trasmissione è circa il 60% maggiore di quella della variante inglese, cha a sua volta era del 50% più veloce di quelle dominanti durante il primo lockdown. Alla diffusione della variante ha certamente contribuito il ritardo con cui il governo inglese ha limitato gli ingressi dall’India, e probabilmente anche la scelta (imitata dalle autorità sanitarie italiane) di allungare il tempo fra una dose e l’altra, allo scopo di ampliare la platea dei vaccinati almeno con una dose, senza valutare adeguatamente che il fatto che la protezione assicurata dalla prima dose è sensibilmente inferiore a quella delle due dosi.

Che la variante indiana c’entri con la ripresa dell’epidemia è confermato da quel che sta succedendo in Portogallo, un paese che aveva gestito benissimo l’epidemia a inizio anno, ma che nel giro di pochi mesi è divenuto il secondo paese europeo (dopo il Regno Unito) per diffusione della variante delta (96%). Ebbene in Portogallo, dopo una discesa spettacolare di tutti gli indicatori fra febbraio a maggio, da una decina di giorni la tendenza si è invertita, e quasi tutti sono di nuovo in aumento.

E in Italia?

Da qualche tempo le autorità sanitarie provano a rassicurarci ripetendo che, qui da noi, la variante indiana è marginale (sotto l’1%), e non desta quindi particolari preoccupazioni. Peccato che i dati usati siano un po’ vecchiotti, e che giusto in questi giorni un’analisi del database Gisaid condotta dal Financial Times riveli che la penetrazione della variante indiana nel nostro paese è del 26%, in base all’ultimo aggiornamento dei dati. In concreto questo significa che la sua velocità di diffusione è altissima (meno di due settimane fa la variante delta era ferma al 2.8%), e che nel giro di un mese o due potremmo trovarci in una situazione simile a quella di Regno Unito e Portogallo, con una curva epidemica che tende a risalire nonostante la campagna vaccinale e il caldo. Il che significa: nuovo aumento dei casi, degli ospedalizzati, dei morti, eccetera.

A quanto pare anche una campagna di vaccinazione molto avanzata come quella del Regno Unito non basta a frenare l’avanzata della variante indiana. Ciò peraltro non deve stupire, per (almeno) tre motivi. Primo, anche nel Regno Unito, e a maggior ragione in Italia, una frazione considerevole della popolazione non è vaccinata, o è vaccinata con una sola dose. Secondo, la variante indiana pare più capace di eludere i vaccini. Terzo, le analisi più recenti condotte dalle autorità sanitarie inglesi suggeriscono che chi è vaccinato con una sola dose conservi una elevata capacità di tramettere il virus ad altri, sia con AstraZeneca, sia con Pfizer (per i vaccinati con due dosi non si sa, perché non ci sono abbastanza dati).

Se proiettiamo queste tendenze nel periodo medio-lungo, uno degli scenari che non possiamo escludere è lo scenario del tipo “quasi tutti si infettano – quasi nessuno muore”: la vaccinazione di massa riesce ad abbattere la letalità dell’infezione, ma  non basta a fermare la circolazione del virus. Uno scenario che a molti può apparire rassicurante, ma lo sarebbe davvero solo se fossimo certi che non emergeranno varianti più letali di quelle attuali, e la ricerca medica ci assicurasse che, per i vaccinati, l’infezione non solo non conduce alla morte, ma non lascia danni seri e durevoli a chi si è infettato.

Che dire, in conclusione?

Forse, semplicemente che stiamo ripetendo esattamente gli errori di un anno fa, quando la maggior parte dei paesi occidentali, per rilanciare l’economia, scelsero di assecondare il turismo internazionale, che è benzina sul fuoco di una pandemia.

Oggi quell’errore, ai nostri governanti ma anche a noi comuni cittadini, non appare più tale “perché questa volta abbiamo i vaccini”. Io penso invece che stiamo facendo male i nostri calcoli. Perché è vero che i vaccini abbattono sensibilmente il rischio di ospedalizzazione e di morte per una frazione della popolazione (quella dei pienamente vaccinati), ma è altrettanto vero che i pienamente vaccinati sono solo 1 su 4, e la trasmissibilità del virus è enormemente aumentata rispetto a un anno fa. E’ come se un antico cavaliere pensasse di poter battere l’avversario perché, ora, dispone finalmente di una robusta armatura di ferro, e non si accorgesse che l’avversario non combatte più con la spada, ma con una moderna mitragliatrice.

Pubblicato su Il Messaggero del 21 giugno 2021




Indice DQP: per la pseudo-immunità di gregge (70% di vaccinati) dobbiamo aspettare metà agosto 2021

Le autorità politiche e sanitarie, in particolare il ministro Roberto Speranza e la sottosegretaria Sandra Zampa, hanno ripetutamente dichiarato che la campagna di vaccinazione serve a raggiungere la cosiddetta immunità di gregge:

5 dicembre: “Il nostro obiettivo è l’immunità di gregge grazie al vaccino” (Roberto Speranza).

17 dicembre: “Immunità di gregge a settembre-ottobre prossimi (Sandra Zampa).

28 dicembre: “Oggi il ministro Speranza ha precisato che entro marzo raggiungeremo la quota di 13 milioni di italiani vaccinati contro Covid-19, e quindi in estate potremo già essere molto avanti nel perseguimento dell’obiettivo immunità di gregge data dal 70%” (Sandra Zampa).

9 gennaio 2021: “Per arrivare all’immunità di gregge dobbiamo vaccinare l’80% di 60 milioni di italiani” (Sandra Zampa).

13 marzo 2021: “È stata considerata una progressione della capacità vaccinale dalle 170 mila somministrazioni medie giornaliere (registrate dal 1 al 10 marzo) fino ad almeno 500 mila entro il mese di aprile” (Piano vaccinale del Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19). In base al nuovo Piano vaccinale si dovrebbe arrivare a raggiungere il 70% di copertura vaccinale a fine agosto.

Per “immunità di gregge” si intende una situazione nella quale ci sono abbastanza persone vaccinate (e non in grado di trasmettere il virus) da portare la velocità di trasmissione del virus (Rt) al di sotto di 1, con conseguente progressiva estinzione dell’epidemia. Per calcolare la percentuale di vaccinati necessaria (Vc) per avviare il processo di estinzione dell’epidemia occorre conoscere il valore di R0 (velocità di trasmissione in condizioni di normalità) e il valore di E (efficienza media dei vaccini, intesa come capacità di bloccare la trasmissione):

Vc = (1-1/R0)/E

Poiché R0 ed E dipendono dal tipo di varianti presenti in un determinato paese in un dato momento, nonché dalle caratteristiche dei vaccini, nessuno è attualmente in grado di indicare la soglia per l’immunità di gregge. Se E è troppo basso, il valore di Vc supera 1, il che significa che nemmeno vaccinando tutti si ottiene l’immunità di gregge.

Ecco perché la soglia del 70% da noi utilizzata NON è quella che garantisce l’immunità di gregge (e che è sconosciuta), ma è semplicemente la quota realisticamente raggiungibile in un paese come l’Italia, in cui non si possono vaccinare i più giovani (perché manca il vaccino), e una parte degli adulti non intende vaccinarsi.

Ma quante settimane occorreranno per vaccinare un numero di italiani sufficiente a raggiungere una copertura del 70%?

A rispondere a questa domanda provvede l’indice DQP (acronimo di: Di Questo Passo), che stima il numero di settimane che sarebbero ancora necessarie se – in futuro – le vaccinazioni dovessero procedere “di questo passo”.

A metà della ventiquattresima settimana del 2021 (mercoledì mattina, 16 giugno) il valore di DQP è pari a 9 settimane, il che corrisponde al raggiungimento della pseudo-immunità di gregge verso metà agosto del 2021.

Il valore del DQP è rimasto sostanzialmente stabile rispetto a quello della settimana scorsa.

Questa settimana sono state somministrate poco meno di 3.8 milioni di dosi (un numero leggermente più basso di quello della settimana precedente), circa 539 mila somministrazioni giornaliere, in linea con gli obiettivi del piano vaccinale.

Nel caso in cui si decidesse di utilizzare soltanto vaccini che prevedono una seconda somministrazione, occorrerebbero 2 settimane in più. “Di questo passo” la pseudo-immunità di gregge verrebbe raggiunta in 11 settimane, non prima di fine agosto del 2021.

Nota tecnica

Le stime fornite ogni settimana si riferiscono ai 7 giorni precedenti e si basano sui dati ufficiali disponibili la mattina del giorno in cui viene calcolato il DQP (quindi possono subire degli aggiornamenti).

Va precisato che la nostra stima è basata sulle ipotesi più ottimistiche che si possono formulare, e quindi va interpretata come il numero minimo di settimane necessarie.

Più esattamente l’interpretazione dell’indice è la seguente:

DQP = numero di settimane necessario per raggiungere almeno il 70% degli italiani con almeno 1 vaccinazione completa procedendo “Di Questo Passo”.

A partire dalla prima settimana completa dell’anno (da lunedì 4 a domenica 10 gennaio) la Fondazione Hume calcola settimanalmente il valore dell’indice DQP (acronimo per: Di Questo Passo).

L’indice si propone di fornire, ogni settimana, un’idea vivida della velocità con cui procede la vaccinazione, indicando l’anno e il mese in cui si potrà raggiungere l’immunità di gregge procedendo “Di Questo Passo”.

Il calcolo dell’indice si basa su 3 parametri:

  1. quante vaccinazioni sono state effettuate nell’ultima settimana considerata;
  2. quante vaccinazioni erano già state effettuate dall’inizio della campagna (1° gennaio 2021) fino alla settimana anteriore a quella su cui si effettua il calcolo;
  3. che tipo di vaccini verranno presumibilmente usati (a 2 dosi o a dose singola).

Nella versione attuale l’indice si basa su due ipotesi ottimistiche, e precisamente:

  • l’obiettivo è solo di vaccinare il 70% della popolazione (anziché l’80 o il 90%, come potrebbe risultare necessario);
  • ci si accontenta di vaccinare ogni italiano in modo completo una sola volta, trascurando il fatto che, ove la campagna di vaccinazione dovesse prolungarsi per oltre un anno, bisognerebbe procedere a un numero crescente di rivaccinazioni.



Come il mito dei droplets ha sostituito (fino ad oggi) la trasmissione aerea

L’importanza della trasmissione aerea è stata oggetto di accesi dibattiti scientifici durante la pandemia del COVID-19. Essa è stata inizialmente negata con forza dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dalla maggior parte delle organizzazioni di sanità pubblica. Ciò contrastava con l’interpretazione di molti scienziati secondo cui la trasmissione aerea è il contributo predominante al contagio.

Leggi l’articolo completo: Come il mito dei droplets ha sostituito (fino ad oggi) la trasmissione aerea




Sta cambiando qualcosa?

Da quando la campagna vaccinale è entrata nel vivo, e la mortalità ha cominciato a diminuire (circa due mesi fa), un sentimento di fiducia e di ottimismo ha progressivamente preso il posto dei fantasmi che ci avevano perseguitato nei mesi precedenti. La speranza di tutti è che le vaccinazioni siano sufficienti a sconfiggere l’epidemia, e che nel giro di qualche mese la vita possa tornare alla normalità, o quasi.

Ma andrà così?

Nessuno può saperlo, per almeno tre motivi. Primo, è impossibile prevedere con quali varianti dovremo fare i conti nei prossimi mesi e anni. Secondo, nessuno è stato ancora in grado di quantificare il rischio di trasmissione da parte dei vaccinati. Terzo, non sappiamo quanti verranno vaccinati, e in particolare se lo saranno anche i bambini.

Dunque la sconfitta del virus è nell’ordine delle possibilità, ma è difficile dire se si tratti di un’eventualità probabile oppure no. I motivi per essere ottimisti non mancano, ma ce ne sono anche per non esserlo affatto.

Un primo motivo di preoccupazione viene direttamente dal Regno Unito, ossia dal paese europeo in cui la campagna vaccinale è più avanti. Lì è da un po’ di settimane che l’epidemia ha smesso di regredire, e anzi alcuni indicatori sono in aumento. I decessi hanno cessato di diminuire, il quoziente di positività (nuovi infetti su test effettuati) è in aumento, e alcune stime di Rt sono prossime a 1.5, un livello quanto mai pericoloso. E’ possibile che la ragione stia nei comportamenti della popolazione, che ha abbandonato troppo presto le cautele, ma è più verosimile che la causa sia la diffusione massiccia (più del 70%) della variante indiana, ancora più contagiosa della variante inglese, che a sua volta era più contagiosa delle varianti precedenti.

E in Italia?

In Italia tutto sembra andare per il meglio: meno morti, meno nuovi casi, meno ricoverati, quoziente di positività in discesa, Rt ampiamente sotto 1. Però ci sono anche alcune ombre.  Il numero dei casi, ad esempio, sta scendendo anche perché si fanno sempre meno tamponi (presumibilmente in quanto ogni Regione compete con le altre per entrare in zona gialla o in zona bianca). Ma il dato più inquietante è la dinamica dei morti: sono scesi in modo regolare e molto pronunciato per 8 settimane, ma nell’ultima settimana hanno bruscamente smesso di diminuire. Può essere una fluttuazione statistica, ma non è detto. Non si deve scordare, infatti, che sulla mortalità al momento agiscono due potentissimi fattori di contenimento: l’aumento del numero di persone vaccinate, l’aumento del tempo trascorso all’aperto. Se, nonostante questi due fattori, il numero di decessi non cala, vuol dire che ci sono importanti controtendenze che elidono i benefici delle vaccinazioni e della bella stagione.

La variante indiana, anche qui da noi?

Direi proprio di no, visto che le stime più recenti la dànno sotto il 3% (contro il 70% del Regno Unito). Molto più plausibile, e confermato dai dati di mobilità di Google, è che lo stallo dei decessi, tuttora compresi fra 50 e 100 persone al giorno, sia dovuto a un genarle abbassamento della guardia da parte della popolazione, rassicurata dal miglioramento degli indici e dal buon andamento della campagna di vaccinazione.

Dobbiamo preoccuparci?

Pe ora non troppo, secondo me. Ma per questo autunno sì. Perché il vero pericolo non è che l’epidemia esploda nell’estate, ma che riprenda vigore non appena il clima sarà di nuovo favorevole al virus. Nulla esclude che il cocktail “autunno + nuove varianti” torni a metterci a dura prova. In quel caso sarà decisivo essere pronti su tutti i fronti che abbiamo lasciato sguarniti fin qui: sequenziamento, tamponi molecolari, cure domestiche, rafforzamento dei trasporti, messa in sicurezza delle scuole.

Ma lo siamo? Stiamo facendo tutto ciò che occorre per evitare di essere presi di nuovo alla sprovvista?

Direi proprio di no. E la cosa più sorprendente è che le forze politiche che, quando  erano all’opposizione, non perdevano occasione per ricordare al governo Conte i suoi ritardi e le sue inadempienze, ora restino sostanzialmente silenti, come se la mera presenza di Draghi bastasse a garantirci una ripresa autunnale sicura, al riparo dai rischi di una risorgenza dell’epidemia.

Pubblicato su Il Messaggero del 12 giugno 2021