La nuova crociata contro gli affitti brevi

18 Dicembre 2024 - di Matteo Repetti

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Ovvero: se l’economia si muove, tassala. Se continua a muoversi,
regolamentala. Se smette di muoversi, sussidiala (Ronald Reagan)

Il Rapporto Censis 2024 presentato qualche giorno fa fotografa un Paese, il nostro, che si limita a galleggiare, in cui dal 2003 al 2023 il reddito disponibile lordo pro-capite si è ridotto in termini reali addirittura del 7 per cento. Stando così le cose, si legge nel Rapporto, il tema della crescita economica diventa centrale e il nodo di come sostenere il progresso della società italiana non può più essere rinviato.

Siamo intrappolati – continua il Censis – nella sindrome italiana, ripiegati su noi stessi, in un mondo in cui sempre meno famiglie e imprese competono, mentre lo sviluppo economico e sociale è possibile solo nelle società capaci di aprirsi al nuovo e di correre dei rischi. Difficile non convenire.

Tutti d’accordo? Non proprio. Esattamente negli stessi giorni in cui è uscito il Rapporto Censis, il Governo ha previsto regole più restrittive per i cd. affitti brevi in nome della sicurezza. In particolare, è stato disposto che in Italia non si potranno più identificare da remoto gli ospiti di una struttura ricettiva. I titolari, o chi per loro, saranno tenuti a identificare di persona gli ospiti, e non più solo con documenti inviati per via telematica. Quindi addio alle ormai famigerate keybox, la cui comparsa
ha accompagnato l’arrivo nelle nostre città delle piattaforme di affitto online come Airbnb.

La giustificazione? La sicurezza. Spiega in una circolare il Capo della Polizia alle Prefetture che “alla luce dell’intensificazione del fenomeno locazioni brevi, legate ai numerosi eventi politici, culturali e religiosi in programma nel paese, anche in vista del Giubileo a Roma a partire dal 24 dicembre, e tenuto conto dell’evoluzione della difficile situazione internazionale, emerge la necessità di attuare stringenti misure per prevenire rischi per l’ordine e la sicurezza pubblica in relazione all’eventuale
alloggiamento di persone pericolose, legate ad organizzazioni criminali o terroristiche”. Niente di meno.

Sembra di essere su Scherzi a parte ma è invece tutto drammaticamente vero.

E’ appena il caso di sottolineare come i sistemi di identificazione da remoto che vengono sorprendentemente banditi utilizzino tecnologie di riconoscimento degli ospiti con tracciamento biometrico e codici OTP (con password da utilizzare una sola volta) del tutto analoghe allo Spid, agli accessi agli autonoleggi e ai conti correnti bancari: di fatto, le nuove anacronistiche disposizioni riportano le lancette indietro di vent’anni.

Dovrebbe poi entrare in vigore a breve l’obbligo per i proprietari di immobili da utilizzare per gli affitti brevi di dotarsi del fantomatico CIN (Codice Identificativo Nazionale), anche se a fronte della estrema farraginosità burocratica e delle inefficienze degli ultimi mesi (tra portali dedicati, differenti regolamentazioni regionali, doppie procedure, ecc.) l’obbligo in questione è ora slittato al prossimo 1° gennaio.

Insomma, destreggiarsi nel nuovo settore degli affitti brevi sta diventando sempre più complicato.

Questo, quando in Italia ci sono quasi 10 milioni di case sfitte, e poco più di 500 mila immobili adibiti ad affitti brevi. Se mancano le abitazioni per i residenti probabilmente la responsabilità non è da imputare ad Airbnb e al nuovo settore degli affitti brevi, quanto semmai alla normativa vincolistica in materia di locazioni urbane e a un ordinamento incapace di garantire il rispetto dei contratti. Nel nostro Paese, è bene ricordarlo, per riottenere la disponibilità del proprio immobile occupato da un inquilino moroso sono necessari, se tutto va bene, sfinenti procedure in giudizio e almeno due o tre anni. Piuttosto che aggiungere ulteriore burocrazia e nuove limitazioni con finalità evidentemente ostruzionistiche, si dovrebbe invece agevolare un sistema che rispetti il diritto di proprietà e valorizzi le nuove forme di utilizzo degli immobili. In altre parole, sarebbero auspicabili soluzioni innovative, non la caccia alle streghe.

La proprietà immobiliare intesa in senso tradizionale è infatti per diversi aspetti superata: è cambiata la struttura della famiglia; il mondo va più veloce, e ci si sposta molto di più che in passato per lavoro o per turismo; e anche le esigenze per l’utilizzo degli immobili urbani sono cambiate: servono meno metri quadri ma più servizi.

Se viene generalmente invocata l’introduzione di limitazioni normative da introdurre per contenere i ritenuti effetti negativi del fenomeno degli affitti brevi – tra tutti l’aumento del prezzo degli immobili e il progressivo allontanamento da parte dei
residenti dai centri urbani – appare invece ragionevole ipotizzare che lo sviluppo di piattaforme come Airbnb abbia apportato benefici, sia dal punto di vista dell’utilizzo e della remuneratività delle proprietà immobiliari, che per quanto riguarda la
differenziazione dell’offerta turistica; oltre che dal punto di vista fiscale, contribuendo alla visibilità e tracciabilità di transazioni che diversamente cadrebbero facilmente nell’irregolarità.

Il settore degli affitti brevi può poi rappresentare un laboratorio di idee nuove anche sul tema della cd. rigenerazione urbana (senza oneri a carico del contribuente e della fiscalità generale).

Il nostro patrimonio immobiliare è vecchio e ha bisogno di essere riqualificato e riconvertito, in base alle nuove esigenze. E ci sono soggetti imprenditoriali che hanno l’interesse a recuperare e ristrutturare complessi immobiliari sottoutilizzati, copiando
l’esperienza di altri Paesi. La remuneratività che gli affitti brevi e le nuove forme di utilizzo degli immobili urbani garantiscono possono contribuire ad una riqualificazione intelligente delle nostre città.

Ma, come sottolineato dal Censis, lo sviluppo economico e sociale è possibile solo nelle società capaci di aprirsi al nuovo e di correre dei rischi.

L’alternativa è rappresentata dalla logica assistenziale del superbonus edilizio e della difesa corporativa di interessi e settori che rifiutano la competizione e la concorrenza, a scapito della crescita economica e del progresso civile.

Genova, 11 dicembre 2024