L’estate del nostro sconcerto
1Ora, come previsto, la curva dei contagi comincia seppur debolmente a scendere. Un timido buon segnale per la nostra estate arroventata non solo dal caldo. Ma intanto, dopo mesi di inerzia, le autorità sanitarie hanno deciso di riaprire la campagna vaccinale, suggerendo di estendere la quarta dose alla fascia 60-80 anni, anziché riservarla ai soli fragili o ultra-ottantenni. Così, ci troviamo ancora una volta in bilico, tra paura e speranza, ognuno solo con se stesso a decidere la strada.
I sentimenti che registro più frequentemente tra le persone che hanno ancora voglia di parlare di Covid – e non solo di guerra, inflazione, inverno al freddo, caduta del governo, elezioni – sono di delusione e di sconcerto.
Delusione, perché si comincia a capire che la promessa di una vaccinazione annuale, periodica e aggiornata alle nuove varianti, non è stata mantenuta, almeno per ora. E anche perché, con l’arrivo della cosiddetta variante Centaurus, di nuovo siamo in balia dell’ignoto; ed è possibile che ci verrà prospettata una quinta dose nella stagione fredda, quando sarà emerso che la protezione della quarta dose, come di tutte le precedenti, dura solo pochi mesi.
Ma anche sconcerto. Uno sconcerto che deriva dalle tante cose che non si capiscono nella gestione di questa pandemia. Non si capisce, ad esempio, perché il medesimo numero di casi (o di morti, o di ospedalizzati), in certi momenti sia fonte di allarme e in altri no. Non si capisce perché i medesimi esperti che ieri ci avvertivano che non è bene sollecitare troppe volte il sistema immunitario, ora propugnano la quarta dose subito, anche per gli ultrasessantenni. Non si capisce perché, fino a pochi mesi fa, dovevamo assolutamente vaccinare i bambini per evitar loro il Long Covid, mentre ora si dice “lasciamo che il virus circoli fra i giovani”, come se il Long Covid non esistesse più. Non si capisce perché fino a ieri ci assicuravano che ogni autunno avremmo avuto un vaccino aggiornato, e ora a chi dice che vuole aspettare il suo arrivo si risponde che è inutile, perché anche quello si baserà su varianti che non ci saranno più. Non si capisce perché a giugno ci abbiano fatto togliere le mascherine nei luoghi chiusi, e ora ci si stupisca che i morti, gli ospedalizzati, i ricoverati in terapia intensiva siano più che raddoppiati. Non si capisce qual è l’età al di sotto della quale i rischi del vaccino superano i suoi benefici. Non si capisce perché la politica considera inaccettabili mille morti all’anno sul lavoro, e accettabili 40 mila morti di Covid.
Certo, può anche darsi che alcune di queste domande siano stupide o ingenue, e che ci sia qualcuno che ha una risposta per tutte. Ma il punto non è questo. Il punto è che la cacofonia della discussione pubblica, e il disaccordo permanente fra gli esperti, queste domande le suscitano, seminando incertezze e dubbi. Compreso il dubbio più grande: che cosa succederà quest’autunno?
Nessuno lo sa, ma una cosa sappiamo con certezza: l’intervento più importante che andava attuato per frenare la circolazione del virus nella stagione fredda non è stato nemmeno avviato, e ormai non siamo in tempo utile (ci vorrebbero almeno 6 mesi, e l’autunno è alle porte). Spiace ripeterlo ancora una volta dalle colonne di Repubblica, ma – accanto a quella del vaccino – la via maestra per frenare il virus era la ventilazione meccanica controllata (VMC) degli ambienti chiusi.
Gli ingegneri dell’aria lo avevano dimostrato esattamente due anni fa sulle riviste scientifiche. L’opposizione lo ripete da un anno e mezzo. Una Regione italiana, prima nel mondo, l’ha sperimentato l’anno scorso nelle scuole. Gli statistici hanno provato che la VMC abbatte la circolazione del virus di un fattore 5 (più del vaccino). L’Oms, da qualche mese, si è finalmente convinta che la trasmissione del virus avviene anche per aerosol, e che la VMC è la strada giusta per frenarla. Lo stesso Parlamento italiano, all’inizio dell’anno, aveva impegnando il governo ad emettere entro un mese linee guida per la ventilazione. Ma di mesi ne sono passati quattro, e di quelle linee guida non c’è traccia.
Ora la crisi di governo e le imminenti elezioni rendono le cose ancora più difficili. E le scuole riapriranno a settembre: di nuovo DaD e mascherine in classe?
Possiamo solo sperare che il governo che verrà, prima o dopo le elezioni, riprenda in mano il dossier. Perché sapere di avere un’arma in più, diversa da vaccini e quarantene, ci restituirebbe un po’ di ottimismo per il futuro.
Luca Ricolfi