Follemente corretto (12) – Scienza e confusamente corretto
In primo pianoSocietàFino a qualche anno fa i molestatori del linguaggio naturale avevano le idee abbastanza chiare: certe parole non si possono usare, sono offensive, vanno sostituite con parole più neutre, meno contundenti. Al posto di cieco, sordo, negro, bidello, donna di servizio, bisogna dire non vedente, non udente, nero, collaboratore scolastico, colf.
Oggi le cose stanno cambiando. Il dubbio comincia a serpeggiare, e i riformatori del linguaggio si dividono in diverse scuole di pensiero. Alcuni mantengono i vecchi consigli, e si limitano a discettare su quale sia l’eufemismo migliore. Handicappato, portatore di handicap, disabile, diversamente abile? Non vedente o ipovedente?
Altri invece rifiutano gli eufemismi, e propongono una sorta di ritorno alle origini: anziché dire non vedente, espressione che sottolinea una mancanza, diciamo cieco, perché essere ciechi è una caratteristica della persona, non una privazione di qualcosa. Anziché dire non udente, torniamo a dire sordo.
Altri, salomonicamente, dicono che non c’è una regola, e che bisogna chiedere ai diretti interessati come preferiscono essere chiamati (come se questo non fosse già uno stigma).
Ma il massimo della confusione si è raggiunto con la parola grasso. Per anni i paladini del linguaggio corretto si sono impegnati nella caccia agli eufemismi, soprattutto per designare le donne grasse. Come parlare di una donna grassa? C’è un modo simpatico, cortese, gentile di dire che una persona è sovrappeso? Cicciottella è offensivo? E formosa, tonda, morbida sono accettabili?
Poi è successo qualcosa. Anziché invitare a non usare la parola grasso (in inglese: fat) si è cominciato a suggerire di usarla, quella benedetta parola, ma a farlo in una accezione puramente descrittiva, come accade quando di una persona diciamo che è alta, bionda o ha lentiggini. Qualcuno ha dottamente parlato di di “risemantizzazione”: dobbiamo correggere la connotazione (negativa) della parola ‘grasso’, e imparare a usarla in modo neutro, come la parola ‘magro’. Un po’ come era successo con la parola ‘cieco’, prima squalificata e poi riabilitata.
Tutto finito, dunque?
Neanche per sogno. Specie in America, si è andati ben oltre. Sono nati (o meglio hanno ricevuto nuovo impulso) movimenti che si battono per l’accettazione della grassezza (fat acceptance movement), o ne esaltano la bellezza (fat is beautyful movement), o la promuovono a caratteristica di cui essere fieri (fat pride movement).
Ma a differenza di quanto accaduto con parole come cieco e sordo, la campagna per la rivalutazione della parola grasso è ricorsa all’aiuto della scienza medica. Secondo alcune ricerche, esistono forti indizi che l’essere al di sopra del presunto “peso giusto” (calcolato in funzione dell’altezza, secondo il BMI: Body Mass Index) non solo non sia dannoso alla salute, ma possa avere un valore protettivo verso alcune malattie, comprese quelle di natura cardiaca. Insomma: meglio essere grassi che normopeso. Questo risultato, denominato “paradosso dell’obeso”, da alcuni anni sta diventando il cavallo di battaglia dei movimenti per la difesa dei grassi, e – nella misura in cui gli esperti sono divisi sulla sua solidità – sta mettendo in seria difficoltà medici, nutrizionisti, nonché l’enorme business delle cure dimagranti.
Così la lotta per il governo della lingua si arricchisce di un capitolo nuovo: per alcuni si deve sostituire la parola grasso con un eufemismo, per altri dobbiamo imparare a dire grasso con rispetto, per altri la grassezza va lodata e incoraggiata, non solo nelle parole, ma anche nei fatti. Grazie ai dubbi della scienza, il follemente corretto sta trapassando in confusamente corretto.
Come direbbe il Presidente Mao, “grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente”.