“Errore imporre i vaccini ai giovani” – Intervista a Mario Menichella
In primo pianoSocietàLa Verità (nella persona di Daniele Capezzone, ndr) ha conversato con Mario Menichella, fisico e divulgatore impegnato con la Fondazione David Hume, guidata da Luca Ricolfi.
Partiamo dal tema più delicato e spinoso, e cioè la vaccinazione dei ragazzi e poi quella dei bambini. Lei è stato il primo in Italia a individuare un “punto di break even”: sopra i 25-30 anni vaccinarsi è certamente vantaggioso (i rischi legati al vaccino sono senz’altro inferiori ai rischi delle conseguenze del Covid). Sotto quel limite di età, invece, le cose si invertono. Vuole spiegarci meglio?
Il rischio di morte per Covid si abbassa – e davvero di molto – al diminuire dell’età dei contagiati. Purtroppo, come abbiamo imparato nel caso delle trombosi legate ai vaccini, non altrettanto si può dire del rischio di morte per gli effetti collaterali. Pertanto, a un certo punto i due rischi si equivalgono, e ciò avviene grosso modo intorno ai 25-30 anni di età, come mostrato in un’analisi che ho reso pubblica a marzo e come in seguito ammesso ufficialmente anche dall’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali.
Tra l’altro, un conto era la situazione 8-9 mesi fa: l’ipotetica positività di un ragazzo poteva davvero portare il virus in famiglia, con conseguenze pesanti per gli anziani di casa. Ma ora genitori e nonni sono vaccinati. Quindi perché far correre un rischio ai più giovani?
Sì, a livello individuale un giovane ha più da perdere che da guadagnare nel vaccinarsi. A livello di società, invece, l’apparente beneficio sarebbe di non far circolare il coronavirus. Tuttavia, se si analizza la questione dal punto di vista quantitativo, come ho fatto in un’altra analisi più recente pubblicata anch’essa nel sito della Fondazione Hume, si scopre che, perfino se si vaccinasse il 100% dei giovani, il virus potrebbe in teoria ancora tranquillamente circolare, poiché i dati provenienti dal Regno Unito indicano che una buona percentuale dei vaccinati non impediscono la trasmissione del virus se contagiati. Il piccolo contributo alla riduzione dell’Rt fornito dalla vaccinazione dei giovani potrebbe essere quindi ottenuto in altro modo, senza mettere necessariamente a rischio giovani vite.
In generale, non le pare che con i ragazzi si sia esagerato? Tra open day, notti bianche del vaccino, per non dire dell’associazione di idee tra vaccino e vacanza, non le pare che si sia spinto troppo verso di loro?
Sì, non solo non è stata fatta per loro un’analisi rischio-beneficio come ci si aspetterebbe prima di prendere decisioni così importanti, ma più in generale non si è voluto prendere realmente atto del fatto che il problema Covid riguarda – come del resto avviene anche per l’influenza – principalmente gli over 60. Aver voluto coinvolgere i giovani può essere parso politicamente corretto, ma dal punto di vista matematico, ad esempio del minimizzare l’impatto sul tessuto economico e sociale, mi suscita più di qualche dubbio. Perciò, mi pare davvero curioso che nel CTS non vi sia un matematico o almeno uno statistico, nonostante l’importanza degli aspetti quantitativi e dell’ottimizzazione nelle decisioni da prendere.
Vogliamo ribadire un punto che mi pare troppo sottovalutato? Per forza di cose, cioè vista la miracolosa rapidità con cui i vaccini sono stati realizzati, stiamo parlando di vaccini necessariamente in fase sperimentale. Voglio dire che non ne conosciamo gli effetti nel medio e lungo termine. È giusto?
Esattamente. Senza creare inutili allarmismi, è così. E il fatto che un tale modo di procedere normalmente non sarebbe accettabile è il motivo per cui si è derogato alle normali procedure di sperimentazione – che di solito durano molti anni – con l’autorizzazione all’uso di emergenza. Vorrei evidenziare che si sta anche creando un pericolosissimo precedente per altre tecnologie, come ad esempio il 5G, che secondo esperti indipendenti assai qualificati, se fosse un farmaco, non supererebbe neppure la sperimentazione preclinica.
È vero o è falso che alcune delle tecnologie usate non erano mai state utilizzate prima nella vaccinazione umana?
Vero. È ben noto che i vaccini a mRNA non sono mai stati usati prima sull’uomo, per cui questa inattesa occasione di sperimentarli senza troppi “lacci e lacciuoli” ha rappresentato una grossa opportunità per l’industria farmaceutica, che ora evidentemente ha forte interesse a testarli anche su ragazzi e bambini.
A questo punto, la interrogo su due conseguenze. La prima: non dovremmo essere specialmente prudenti verso i ragazzi ed i bambini? La seconda: davanti a farmaci sperimentali, parlare di eventuale obbligatorietà del vaccino sarebbe una ipotesi gravissima, irricevibile, inaccettabile. È così?
Sì, dovremmo essere prudenti con i ragazzi e tanto più con i bambini, perché sul Covid sappiamo tantissimo, ma mi sembra assai poco sugli effetti dei vaccini attuali, al di là di poche scarne statistiche: che io sappia – ma sarei molto felice di sbagliarmi – nessun soggetto terzo rispetto alle case farmaceutiche ha testato un campione di vaccinandi con semplici esami del sangue e monitoraggio dei parametri vitali per vedere l’azione dei vaccini sul livello di coagulazione sanguigna, sulla frequenza cardiaca, etc., nonostante non fosse difficile o costoso farlo. Insomma, ci si è fidati a occhi chiusi dell'”oste” e del suo vino. L’obbligo a sottoporsi a un vaccino di fatto sperimentale mi pare quanto meno eticamente sbagliato, soprattutto per i giovani, tanto più che si è costretti a firmare una manleva dalle responsabilità su eventuali effetti collaterali.
Lei ha detto che l’immunità di gregge è una chimera, perché anche i vaccini attuali, pur per molti versi efficaci, sono “leaky”. Vuole spiegarci meglio?
Come mostrano i dati contenuti nei rapporti periodici di Public Health England, gli attuali vaccini anti-Covid prevengono molto bene la malattia grave ma in una buona percentuale di vaccinati non prevengono l’infezione e, in molti di questi, neppure la trasmissione a terzi della stessa, perciò si dicono “leaky”. L’immunità di gregge è un concetto nato per i vaccini cosiddetti sterilizzanti, cioè che impediscono a un agente patogeno di replicarsi nelle cellule e quindi di trasmettere l’infezione ad altri, come quello per il morbillo, la poliomelite, etc. Se si vuole estendere il concetto di immunità di gregge ai vaccini leaky anti-Covid, come ho mostrato quantitativamente in due modi diversi nella mia analisi pubblicata dalla Fondazione Hume, si scopre che troppi vaccinati contribuirebbero alla circolazione del virus, per cui l’immunità di gregge con i vaccini attuali non sembra essere raggiungibile.
Veniamo agli anziani. Ferma restando la libertà di ciascuno di vaccinarsi o no, mi pare che il punto sia qui: negli oltre 2 milioni di over 60 che ancora non si sono vaccinati. Sono loro i soggetti potenzialmente a rischio a settembre-ottobre?
Principalmente, poiché circa il 95% dei morti per Covid è costituito da over 60. Nel mio articolo, sotto ipotesi oggi del tutto ragionevoli, ho mostrato come il bacino di potenziali nuove vittime nel prossimo autunno-inverno sarà verosimilmente costituito soprattutto da anziani non vaccinati e, in misura minore, da quella piccolissima percentuale di anziani vaccinati su cui i vaccini non risultano essere efficaci.
Dunque occorrerebbe informarli e convincerli razionalmente. Condivide?
Assolutamente, e anche raggiungerli capillarmente, ma non mi pare che in tutte le regioni ciò sia stato fatto.
Non dobbiamo trascurare un’altra carta importantissima: le cure domiciliari. Nello scenario che lei ha descritto può essere uno strumento decisivo in autunno.
Per gli anziani non vaccinati avere un protocollo di cura serio e ufficiale sarà fondamentale. Quello proposto dal gruppo del prof. Remuzzi è assai efficace nel ridurre la mortalità. Lo dimostra il loro studio pubblicato a giugno su una prestigiosa rivista peer-reviewed. Ora Aifa e Cts, a mio parere, non hanno più “scuse” per non adottarlo, anche perché in caso di ulteriore inerzia in tal senso qualche magistrato potrebbe magari trovare i presupposti per aprire un caso giudiziario, come già accaduto per il piano pandemico non aggiornato.
La Fondazione Hume e Luca Ricolfi hanno suggerito altri due interventi di buon senso: attivarsi da ora per un notevole potenziamento dei trasporti in vista della ripresa scolastica, e spendere un po’ di soldi (ne basterebbero forse meno dei 300 milioni spesi per i banchi a rotelle) per mettere in tutte le aule impianti di purificazione dell’aria. Conferma?
Sì. Il ricambio d’aria è un approccio interessante e non solo a scuola, non a caso la questione sarà affrontata in dettaglio proprio nella mia prossima analisi quantitativa, che uscirà a settembre. Suggerirei poi una misura a costo zero: eseguire controlli e test a campione sulle mascherine in commercio, anche online, ritirando quelle – temo ancora numerose – che non garantiscono quasi alcuna protezione a chi le indossa.
Se facciamo tutto questo, possiamo ragionevolmente sperare di trattare le varianti più o meno come le malattie respiratorie stagionali, insomma come delle influenze? Ogni anno ci sono vittime, lo sappiamo bene. Ma nessuno ha mai proposto un lockdown contro l’influenza…
Sì, la matematica ci suggerisce che, ampliando l’arsenale delle armi per ridurre l’Rt e vaccinando più anziani possibile, arriveremo prima a una convivenza pacifica con questo coronavirus. I vaccini ed i farmaci di nuova generazione, probabilmente, faranno il resto.
Intervista rilasciata a Daniele Capezzone e pubblicata su “La Verità” del 12 luglio 2021
(riprodotta per gentile concessione di D. Capezzone / La Verità)