Sul discorso di Vance – Tradimento dei valori occidentali?
In primo pianoPoliticaSocietàSulla condotta della guerra in Ucraina da parte dell’Europa e degli Stati Uniti si possono avere le idee più disparate. Non è palesemente irragionevole la posizione di quanti paventano il pericolo che la Russia voglia annettersi altre porzioni dell’Europa, e dunque pensano che abbia fatto bene la Nato a fornire aiuto alla “resistenza” ucraina. Ma non è neppure palesemente irragionevole la posizione diquanti fanno notare che la precedente espansione a est della Nato, con l’obiettivo di includere l’Ucraina nel blocco occidentale. sia stata una mossa quantomeno azzardata.
Quello che invece, personalmente, ritengo sia stato irragionevole (e anti-democratico) è la chiusura a riccio che l’informazione main stream ha adottato dallo scoppio della guerra, silenziando quasi tutte le voci esplicitamente critiche. Sulla guerra, come pochi anni prima sul Covid, i grandi media hanno scelto di tappare la bocca alle voci dissenzienti con la linea ufficiale (vaccini + armi), costrette a rifugiarsi su testate minori o siti eterodossi, con conseguente perdita di ogni possibilità di incidere sul discorso pubblico articolando punti di vista alternativi o sollevando utilissimi dubbi.
È anche a causa di questa lunga stagione di conformismo e autocensura collettiva che l’Europa si trova oggi completamente spiazzata, quasi incredula di fronte al fatto che le cose non sono andate come aveva sperato, e come fino all’ultimo si è ostinata a credere che stessero andando. Eppure non ci voleva molto ad accorgersi che la guerra di Putin era solo il secondo tempo della guerra del Donbass, o che l’espansione della Nato ai confini della Russia poteva essere percepita come una minaccia, o che le sanzioni facevano più male a noi che alla Russia, o che la controffensiva ucraina era fallita da tempo. E non occorreva essere raffinati strateghi per capire che, trattando Zelensky come una star mediatica e un eroe (ricordate i parlamenti europei collegati e
plaudenti nei primi mesi di guerra?) e Putin come nient’altro che un criminale di guerra, diventava automaticamente impossibile ritagliarsi quel ruolo di mediatori e facilitatori di un compromesso da cui ora si viene brutalmente estromessi dall’attivismo del neo-eletto presidente degli Stati Uniti.
Alla luce di queste riflessioni, non vedo nulla di strano, o di sorprendente, nei toni e nella sostanza dei discorsi di Donald Trump e di James David Vance (suo vice) quando tendono a escludere l’Europa dalla trattativa con la Russia, stante il fatto che l’Europa stessa è rigidamente schierata dalla parte di uno dei due contendenti, non ha fatto tentativi credibili di fermare la guerra, e per di più è militarmente debolissima, se non irrilevante. Dove invece il discorso tenuto nei giorni scorsi da Vance mi appare paradossale, anzi spudorato, è quando accusa l’Europa di avere tradito i valori occidentali, e in particolare la difesa della libertà di parola, il principio del free speech. Ora, è vero che Vance ammette le responsabilità del suo Paese, ma il punto è che le scarica tutte sull’amministrazione Biden (2021-2024) e sul suo ricorso alla censura con il pretesto della lotta alla disinformazione e ai discorsi d’odio. Non si può sorvolare sul fatto che proprio negli Stati Uniti è nato il politicamente corretto, è negli Stati Uniti che, intorno al 2012-2013 (ben prima dell’era Biden), è avvenuta la sua mutazione in “follemente corretto”, è dagli Stati Uniti che l’Europa ha importato quel morbo. E l’aspetto più grave del fenomeno, i licenziamenti dei professori e l’intimidazione degli studenti non allineati al credo woke, non è certo venuto meno durante il primo mandato di Trump (2017-2020), che ne ha anzi visto una recrudescenza, sotto i colpi del MeToo e del movimento Black Lives Matter, esploso dopo l’uccisione di George Floyd.
Resta il fatto, comunque, che il discorso di Vance – al di là della grande questione del modo di terminare la guerra in Ucraina – ha posto sul tappeto un tema vero: quali siano, oggi, i “valori condivisi” dell’occidente, ammesso che ne esistano. Non solo il free speech, su cui è difficile dargli torto, ma anche la democrazia stessa, messa in forse – secondo Vance – dall’annullamento delle elezioni in Romania, ma anche dal mancato rispetto della volontà popolare in materia di politiche migratorie. E, aggiungerei io, dal mancato rispetto della medesima volontà popolare in America, ai tempi dell’assalto dei trumpiani a Capitol Hill.
Ma questo, evidentemente, Vance non poteva dirlo.
[articolo uscito sulla Ragione il 18 febbraio]