Sui nuovi dati del Ministero dell’Interno – Criminalità e immigrazione irregolare
In primo pianoPoliticaSocietàStanno suscitando un discreto sconcerto i dati sulla criminalità che, da alcuni giorni, filtrano dal Ministero dell’Interno. Da essi, infatti, si deduce che la percentuale di reati presumibilmente commessi (persone denunciate o arrestate) da stranieri irregolari (circa il 28%), è enormemente superiore al peso degli irregolari stessi (meno dell’1% della popolazione presente in Italia). Ancora più sconcerto suscitano i dati su uno dei reati più odiosi, ossia le violenze sessuali: nei primi 9 mesi del 2024 quasi la metà (il 44%) sono state perpetrate da stranieri (regolari e non), che costituiscono appena il 10% della popolazione. E ancora più preoccupanti appaiono i dati delle violenze sessuali commesse da giovani, che vedono un’incidenza degli stranieri che sfiora il 60%, circa 6 volte il loro peso sulla popolazione.
Ci vorrà tempo e pazienza per ponderare bene questi dati, confrontandoli con quelli rilasciati in passato, anche per capire se la pericolosità relativa degli stranieri irregolari è aumentata o diminuita nel tempo (a una prima analisi pare aumentata).
Quello che per ora i dati ministeriali sembrano suggerire sono almeno due cose. Primo, la pericolosità relativa degli stranieri irregolari è circa 50 volte superiore a quella dei cittadini comunitari (italiani e stranieri). Secondo, quasi un terzo dei posti occupati in carcere è imputabile a cittadini stranieri, in buona parte irregolari (con i
dati disponibili, la percentuale esatta può solo essere stimata). Si può tranquillamente affermare che senza questi detenuti non vi sarebbe alcun sovraffollamento carcerario, anche se – ovviamente – resterebbero i gravissimi problemi di degrado, trattamenti
disumani, carenza di servizi giustamente (e inutilmente) denunciati da alcune associazioni (a partire da Antigone) e da alcune forze politiche (a partire dai Radicali).
Che fare, dunque?
Molte cose si potrebbero fare, sia di sinistra sia di destra, ma ve ne è una preliminare a qualsiasi soluzione: non negare l’esistenza del problema. Perché già lo so che, a partire dai prossimi giorni, vedremo rispolverare le due obiezioni – entrambe fallaci – che vengono sollevate ogniqualvolta il Ministero o l’Istat forniscono dati disaggregati per nazionalità degli autori di reati.
La prima è: ma la maggior parte dei reati li commettono gli italiani, non gli stranieri. Questa obiezione è ingenua, perché è ovvio che – essendo gli italiani 10 volte più numerosi degli stranieri e 100 volte più numerosi degli stranieri irregolari – il loro apporto alla criminalità complessiva non può essere trascurabile. Il punto è che, da soli, gli stranieri (regolari e non) commettono circa 1/3 dei reati, e gli stranieri irregolari, spesso concentrati in spazi circoscritti, costituiscono una minaccia intollerabile per la gente comune. E questo non perché quest’ultima sia preda di paure irrazionali, ma semplicemente perché – in certi quartieri o isolati – il rischio di aggressione per km quadrato è di 10, 100, anche 1000 volte superiore a quello di un quartiere normale. Né si trascuri il fatto, già accennato, che cancellare anche solo 1/4 o 1/3 dei reati allevierebbe in modo significativo le condizioni di vita dei detenuti.
La seconda obiezione fallace è: gli stranieri sembrano più pericolosi degli italiani perché la propensione a denunciare è maggiore, molto maggiore, quando l’autore è straniero. Detto in altre parole, il “numero oscuro” (ossia il numero di reati non denunciati) sarebbe diverso a seconda che l’autore sia italiano o straniero.
Questa obiezione è debole per due motivi distinti. Innanzitutto, ci sono reati – in particolare gli omicidi e i femminicidi – per cui il numero oscuro è vicino a zero, e ciononostante la propensione degli stranieri risulta 2 o 3 volte superiore a quella degli italiani. Tutto fa supporre che, ove disponessimo della distinzione fra stranieri regolari e irregolari, la forbice fra le propensioni degli stranieri irregolari e quella degli italiani (o degli stranieri regolari), sarebbe ancora più pronunciata.
La seconda debolezza sta nel fatto che, anche ammettendo che la propensione alla denuncia possa essere più alta quando l’autore è straniero (ipotesi più che ragionevole), non vi è alcuna prova che la differenza fra le due propensioni possa essere così ampia da spiegare l’enorme gap che separa i tassi di criminalità degli stranieri irregolari da quelli di tutti gli altri (italiani e stranieri regolari). L’unica stima fornita a sostegno dell’ipotesi di tassi di denuncia differenziati si basa su una ricerca vecchia, che riguarda solo le violenze sessuali, e ignora il fatto che i tassi di denuncia delle giovani generazioni sono presumibilmente assai più alti e allineati (ossia indipendenti dalla nazionalità dell’autore) di quelli delle generazioni precedenti.
In conclusione. I nuovi dati del Ministero dell’Interno gettano luce su un problema drammatico. Ci sarà modo di analizzarli, discuterli, forse anche criticarli o richiedere chiarimenti. Ma la cosa peggiore che potremmo fare è rispolverare l’armamentario
negazionista con cui, ogni volta che vengono fuori numeri e statistiche, più o meno improvvisati fact-checker cercano di occultare l’amara realtà dell’immigrazione irregolare.
[articolo uscito sul Messaggero il 17 dicembre 2024]