Elezioni in Brandeburgo – Nelle mani di Sahra
Dopo la Sassonia e la Turingia, anche il Brandeburgo (la ciambella di territorio intorno a Berlino, nella Germania dell’est) è andata al voto. I risultati sono diversi da quelli previsti, perché l’Spd del cancelliere Scholz – ininterrottamente al potere in
Brandeburgo dall’unificazione tedesca – non è andato incontro a una rovinosa sconfitta, anzi ha aumentato sensibilmente i consensi (+4,7%). Se fosse stato sorpassato dal partito di estrema destra AfD (Alternative für Deutschland), e fosse stato costretto a lasciare il potere in Brandeburgo, con ogni probabilità avremmo assistito a una crisi politica a livello federale, con richiesta di elezioni anticipate e possibile rinuncia di Scholz a ripresentarsi l’anno prossimo come candidato alla cancelleria.
Da questo punto di vista, i partiti di governo della “coalizione semaforo” nazionale (Spd, Verdi, Liberali) hanno ogni motivo per tirare un respiro di sollievo: lo spettro di un successo dell’AfD, alimentato da alcuni sondaggi che consideravano possibile il
sorpasso sulla Spd, ha convinto molti potenziali astensionisti a recarsi al voto, in un clima che in parte ricorda la mobilitazione anti-Marine Le Pen di qualche mese fa in Francia: ancora una volta, il “cordone sanitario” dei partiti democratici sembra aver
funzionato.
Ho detto “sembra” perché il racconto fatto fin qui non è completo. Anzi, per certi versi è fuorviante.
Non è completo perché manca il dato del numero di seggi. In Brandeburgo il numero totale di seggi è 88, quindi ce ne vogliono almeno 44+1=45 per governare. Ma la coalizione di unità nazionale (Spd+Cdu+Verdi) fin qui al potere di seggi ne avrà solo
44, mentre prima ne aveva 50 (i 7 seggi in più ottenuti dai vittoriosi socialdemocratici sono stati più che compensati dai 3 seggi persi dai Cristiano democratici e dai 10 seggi persi dai Verdi, completamente esclusi dal nuovo parlamento locale). Morale:
se vuole restare al potere, che detiene da ben 11 anni, il leader socialdemocratico Dietmar Woidke dovrà venire a patti con Sahra Wagenknecht, leader di un partito che è la vera novità dell’ultimo anno in Germania. La BSW (Bündnis Sahra Wagenknecht) è un partito estremista anti-immigrati e anti-guerra in Ucraina, che ha ottenuto oltre il 6% alle elezioni europee, il 13.5% in Brandeburgo e – secondo alcuni sondaggi – potrebbe tranquillamente aspirare al 10% alle prossime elezioni generali 2 tedesche, previste per il 2025. Insomma, il vincitore Dietmar è nelle mani di Sahra e del suo nuovo partito.
Ma il racconto ottimistico dei vertici Spd oltreché incompleto è pure fuorviante, in quanto nasconde le tendenze in atto in Brandeburgo, e verosimilmente anche a livello nazionale. Possiamo riassumerle così: in Brandeburgo i quattro partiti “democratici” di sinistra (Spd), di destra (Cdu-Csu) e di centro (Liberali e Verdi) raccoglievano il 70% dei consensi 25 anni fa, erano scesi al 62% 5 anni fa, sono crollati al 48% oggi. Ovvero: nemmeno mettendosi tutti insieme i partiti democratici, europeisti e atlantisti, riescono a raggiungere il 50% dei consensi.
E a livello nazionale?
Se guardiamo al risultato europeo di qualche mese fa le cose sono un po’ migliori che in Brandeburgo oggi, perché tutti i partiti democratici messi insieme raccolgono ancora il 61% dei consensi. Il problema, però, è che né la coalizione di centro-sinistra
attualmente al governo, né una eventuale coalizione che aspirasse a subentrarle (con la Cdu-Csu al posto della Spd), avrebbero i numeri per governare: la coalizione-semaforo attualmente al governo ha ottenuto il 31% dei consensi alle Europee, l’ipotetica coalizione di centro-destra il 47% (Verdi inclusi!), meno della maggioranza necessaria per formare un governo.
Come se ne esce?
Ferma restando la Linea Maginot contro Alternative für Deutschland (AfD), restano solo due possibilità: un governo di unità nazionale (o Grosse Koalition, o “coalizione Kenya”), che esclude solo le estreme (Afd, Linke, Bsw), oppure l’alleanza con la
nuova formazione di Sahra Wagenknecht (BSW), che essendo “sia di destra sia di sinistra”, ha la possibilità di allearsi sia con la Spd (sulle politiche sociali) sia con la Cdu (sul contrasto all’immigrazione).
Insomma, ancora una volta nelle mani di Sahra.
[articolo uscito sulla Ragione il 24 settembre 2024]