Quanto è grave l’epidemia nelle province?

di Luca Ricolfi e Rossana Cima

Continua la crescita dei contagi in Italia. Solo nell’ultima settimana (17-23 settembre) si sono registrati 11.097 nuovi casi, circa mille casi in più rispetto alla settimana precedente. È da inizio agosto che l’epidemia ha ripreso ad avanzare, anche se con un ritmo molto più lento di quello osservato in paesi con Israele (+395.4 nuovi casi settimanali per 100 mila abitanti contro i 18.4 dell’Italia), Spagna (+169.4) o Francia (+95.1).

Il dato nazionale è però solo un valore medio. Non ci consente di cogliere la dinamica dell’epidemia dei vari territori. Come risulta dai nostri precedenti contributi, ci sono province in cui la curva dei contagi ha dato chiari segni di ripresa (in alcuni casi fin da metà giugno) e zone in cui la situazione risulta meno preoccupante.

Per avere un quadro generale dell’epidemia possiamo provare a costruire un indice sintetico che consenta di stimare il livello di gravità della diffusione del virus. Possiamo fare questo basandoci sul numero di nuovi casi per abitante in un periodo medio-breve (14 giorni), tenendo però conto della capacità diagnostica del territorio: 100 nuovi casi registrati in una provincia con una bassa capacità di intercettare il contagio sono molto più preoccupanti di 100 nuovi positivi osservati in zone con una maggiore capacità diagnostica.

Se si usa questo indicatore la situazione è quella rappresentata nel grafico seguente.

La provincia che presenta la situazione più critica è La Spezia: fino a metà agosto contava un numero di nuovi contagi contenuto, ma a metà settembre ha iniziato a registrare incrementi bisettimanali superiori ai valori di aprile. Ora però (nell’ultima settimana) la curva del contagio sembra aver rallentato la sua corsa.
Subito dopo, ma con un valore decisamente più basso, troviamo Genova e poco sotto Imperia, altra città ligure.
Nella parte alta della classifica non si collocano solo città del Nord. Bari e Foggia sono in quinta e sesta posizione, poco prima di Oristano e Nuoro.
La diffusione dell’epidemia risulta invece più contenuta nelle province calabre collocate tutte in ultima posizione, precedute da Verbania, Salerno, Avellino, Macerata e Asti.

Nel complesso il 34% delle province del Nord si trova nella zona critica della classifica (prime 30 posizioni), un valore che scende al 21.1% al Sud.
La situazione è invertita se si considerano le ultime 30 posizione. Si posiziona in questa fascia il 17% delle province del Nord e il 36.8 di quelle del Mezzogiorno.

Nota tecnica

I dati utilizzati nell’analisi sono quelli diffusi quotidianamente dalla Protezione Civile aggiornati al 23 settembre (ore 18).

La serie storica dei dati provinciali è stata ricalcolata per tenere conto dell’interruzione di serie che si è verificata il 24 giugno in seguito alla nuova classificazione dei casi positivi (non più in base alla provincia in cui è avvenuta l’ospedalizzazione, ma in base alla residenza della persona risultata positiva al COVID-19).

Data l’impossibilità di stabilire, provincia per provincia, che cosa è effettivamente avvenuto tra il 23 e il 24 giugno, i dati sono stati ricalcolati assumendo che, fra le due date, gli incrementi giornalieri dei nuovi casi fossero pari a zero.

Quando possibile, i dati sono stati corretti per tenere conto dei ricalcoli effettuati dalle autorità regionali.

La capacità diagnostica è stata calcolata come rapporto fra contagi registrati nell’arco di tre settimane e nuovi decessi avvenuti nelle tre settimane successive con uno sfasamento temporale di 10 giorni. Maggiore sarà la capacità di intercettare i nuovi casi minore sarà la mortalità registrata nella provincia.

L’indicatore è stato costruito utilizzando i dati regionali, perché la Protezione Civile non fornisce il numero dei decessi a livello provinciale, ma solo quello dei casi totali. La capacità diagnostica delle regioni più piccole a livello demografico è stata posta convenzionalmente pari a 1.

Questi valori sono stati applicati al numero di nuovi contagi (per 100 mila abitanti) registrato nelle settimane fra il 10 e il 23 settembre.




L’Italia e gli altri

di Rossana Cima e Luca Ricolfi

Israele è entrata ieri (venerdì 18 settembre) in un secondo lockdown che durerà almeno tre settimane.  Solo giovedì il paese ha registrato 55.4 nuovi contagi per 100 mila abitanti, un valore che è circa il doppio di quello osservato in Spagna (24.1 nuovi casi per 100.000 abitanti) e 20 volte più alto di quello registrato in Italia (2.6).
Sono scattate restrizioni per circa 10 milioni di persone anche nel Regno Unito. Già nei giorni precedenti era stato imposto il divieto di riunirsi in più di sei persone.

L’epidemia sta dunque rialzando la testa? Per analizzare l’evoluzione dei contagi e valutare la gravità dell’epidemia possiamo basarci sui grafici seguenti che rappresentano l’andamento dei nuovi decessi in rapporto alla popolazione in 49 paesi (vedi nota tecnica) in base ai dati disponibili il 15 settembre.
Le due linee tratteggiate, azzurra e grigia, presenti nei grafici corrispondono rispettivamente all’incremento medio settimanale registrato dall’Italia nel mese di giugno e al valore mediano registrato da tutti i 49 paesi nell’ultima settimana. Questo ci permetterà di valutare la curva epidemica di ciascun paese rispetto 1) alla situazione che presentava l’Italia subito dopo la fine del lockdown e 2) all’evoluzione dei contagi registrata mediamente dall’insieme dei paesi considerati negli ultimi sette giorni.

Sono 12 i paesi che presentano numeri in crescita. Particolarmente significativi sono gli incrementi registrati in Israele, Spagna e Ucraina. Qui la curva epidemica sta crescendo molto più rapidamente di quanto è successo nel nostro paese subito dopo la fine del lockdown. La Croazia ha invece raggiunto lo stesso ritmo dell’Italia solo recentemente.

Il trend è in aumento, ma rimane sotto il livello di guardia italiano post-chiusura, anche in Russia, Turchia, Francia, Repubblica Ceca, Grecia, Portogallo, Ungheria e Irlanda.

Negli ultimi giorni la curva è tornata a puntare verso l’alto anche in Brasile, Stati Uniti, Bosnia e Polonia. Solo nei prossimi giorni sarà possibile capire se questi incrementi siano il risultato di un’inversione di tendenza o se si tratti di una semplice fluttuazione.
Rimane comunque particolarmente elevato il ritmo del contagio in Brasile, Stati Uniti e Bosnia.

La curva dei contagi è invece in discesa in 12 paesi. Romania, Messico e Cile continuano però a registrare un numero di nuovi decessi significativo, di molto superiore al livello dell’Italia di giugno. Armenia, Bulgaria e Albania lo hanno invece raggiunto.

Incrementi contenuti, inferiori al valore mediano dei 49 paesi, si osservano invece in Canada, Regno Unito, Italia, Giappone, Korea, Germania e Danimarca. Il nostro paese fa dunque parte di questo gruppo ma, insieme al Regno Unito, è quello che presenta (almeno nell’ultima settimana) tassi di crescita più elevati.

Sono 10 i paesi che invece presentano una chiara convergenza a zero. Fra essi si trovano l’Islanda che ormai da 142 conta zero decessi, e il Lussemburgo che sembra aver superato definitivamente il picco registrato ad inizio agosto.

Segnali poco nitidi arrivano da 4 paesi. Si deve però osservare come in Moldavia, Montenegro e Macedonia il numero di nuovi contagi continui a rimanere molto alto, ben al di sopra del valore di guardia italiano post lockdown.

Nota tecnica

I dati utilizzati nell’analisi provengono dal database dalla Johns Hopkins University aggiornati al 15 settembre.

Quanto possibile, i dati sono stati corretti per tenere conto dei ricalcoli effettuati dalle autorità nazionali che hanno fornito il dato.

Dall’analisi è stato escluso il Kosovo perché presentava un andamento irregolare probabilmente dovuto ad un mancato aggiornamento dei dati.




L’epidemia nelle province

Da circa un mese e mezzo il termometro dell’epidemia (l’indice sintetico elaborato dalla Fondazione Hume per monitorare l’andamento dei contagi nel nostro paese) mostra una chiara tendenza all’aumento. Nei primi giorni di agosto la temperatura era intorno a 1.5 gradi pseudo-Kelvin, uno dei valori più bassi toccati dall’inizio dell’epidemia, oggi (ultimo dato disponibile, ore 18.00 del 10 settembre) è salita fino a raggiungere 7.7 gradi, un valore simile a quello registrato ad inizio giugno.

In base alle ultime informazioni disponibili (9 settembre, ore 18.00), sono 49 (su 98, dunque la metà) le province che presentano, nell’ultima settimana (3-9 settembre), un incremento di nuovi casi uguale o superiore a 5 rispetto alla settimana precedente (27 agosto-2 settembre). Fra queste, poco più della metà (27) registrano aumenti superiori alle 20 unità.

Per capire meglio quali sono le province più colpite dall’aumento dei contagi possiamo basarci sui grafici seguenti che rappresentano l’andamento dei nuovi casi settimanali registrato in 98 province (vedi nota tecnica) in base ai dati disponibili il 9 settembre.
Sono 18 le province che presentano una chiara tendenza all’aumento, quasi tutte situate nel centro-nord. Particolarmente significativi sono gli incrementi registrati a La Spezia, Massa Carrara e Treviso.
In poco meno di sei settimane (da inizio agosto ad oggi) la provincia ligure è passata da 4 a 112 nuovi casi su 100.000 abitanti, mentre a Massa Carrara si è passati da 0.3 a 56 casi per 100.000 abitanti. Treviso conta invece, soltanto nell’ultima settimana, 334 nuovi contagi (l’aumento di Treviso è principalmente dovuto allo scoppio di un focolaio in alcuni stabilimenti produttivi della zona).

Il trend è in crescita in altre 21 province, anche se qui gli incrementi registrati nell’ultimo periodo sono vicini o comunque inferiori al valore mediano (calcolato sulla media dei nuovi casi registrati da tutte le 98 province nell’ultima settimana).

A Verbania, Firenze, Novara e Siena gli incrementi di inizio settembre sono più bassi di quelli toccati a fine agosto, ma la tendenza dell’ultimo periodo è quella dell’aumento.

Segnali positivi arrivano invece da 21 province dove la curva epidemica, dopo aver registrato un picco, sembra aver invertito la rotta. In questo gruppo troviamo anche tre province sarde (Nuoro, Oristano e Cagliari), che erano state interessate da una risalita dei contagi legati ai flussi turistici.

A queste province se ne aggiungono altre 13 in cui la tendenza dell’ultimo periodo è stata all’aumento ma da almeno una settimana si registra una sostanziale stabilità (anche se in alcuni casi, come a Pordenone o Napoli, l’andamento presenta oscillazioni più marcate).

Ci sono poi 9 province in cui si intravede una leggerissima crescita del contagio, ma la situazione risulta comunque rassicurate, perché il grado di incidenza è sotto la media.

La diffusione del contagio risulta contenuta anche a Teramo, Asti, Pescara, Chieti, Sondrio, Reggio Calabria e Vibo Valentia.

Presentano invece forti oscillazioni, ed è quindi difficile individuarne l’andamento, le curve di Isernia, Campobasso, Lodi, Rimini e Savona.

Per avere un quadro più generale della diffusione dell’epidemia, possiamo considerare il grafico seguente che rappresenta il numero di province in cui l’incremento settimanale di nuovi casi è superiore alla media nazionale.

Dopo aver raggiunto quota 39 a metà agosto, il numero di province critiche è calato leggermente: oggi (in base alle informazioni disponibili il 9 settembre) se ne contano 10 in meno (sono 29).
Quel che è interessante notare è che al Nord il numero di province con un numero di nuovi casi superiori alla media italiana è rimasto sostanzialmente invariato (erano 19 il 18 giugno mentre oggi sono 16), mentre al Centro e al Sud sono aumentate. Non sono solo cresciuti i contagi in alcune zone sarde, anche province come Napoli, Caserta o Bari hanno iniziato a registrare incrementi sopra la media.

 

Nota tecnica

I dati utilizzati nell’analisi sono quelli diffusi quotidianamente dalla Protezione Civile aggiornati al 9 settembre (ore 18).

La serie storica dei dati provinciali è stata ricalcolata per tenere conto dell’interruzione di serie che si è verificata il 24 giugno in seguito alla nuova classificazione dei casi positivi (non più in base alla provincia in cui è avvenuta l’ospedalizzazione, ma in base alla residenza della persona risultata positiva al COVID-19).

Data l’impossibilità di stabilire, provincia per provincia, che cosa è effettivamente avvenuto tra il 23 e il 24 giugno, i dati sono stati ricalcolati assumendo che, fra le due date, gli incrementi giornalieri dei nuovi casi fossero pari a zero.

Dall’analisi sono state escluse le province della Sicilia perché oggetto di consistenti ricalcoli.

Quanto possibile, i dati sono stati corretti per tenere conto dei ricalcoli effettuati dalle autorità regionali.




Il termometro dell’epidemia (release 1.0)

Oggi (ultimo dato disponibile, ore 18.00 del 3 settembre) la temperatura dell’epidemia è leggermente aumentata, passando da 6.4 a 6.5 gradi pseudo-Kelvin (+0.1).

Questo peggioramento si deve al lieve aumento degli ingressi ospedalieri stimati (in crescita per il terzo giorno consecutivo, anche se oggi l’incremento è stato più modesto rispetto ai giorni precedenti) e dei decessi. Sono invece rimasti sostanzialmente stabili i nuovi contagi.

La variazione settimanale della temperatura è pari a +1.0 grado.

Va ricordato, come sempre, che l’andamento della temperatura non riflette quello dei contagi attuali, ma quello dei contagi avvenuti 2-3 settimane fa.

Per maggiori dettagli si rimanda alla nota tecnica




Il termometro dell’epidemia (release 1.0)

Oggi (ultimo dato disponibile, ore 18.00 del 2 settembre) la temperatura dell’epidemia è rimasta invariata a 6.4 gradi pseudo-Kelvin.

La stazionarietà della temperatura dipende da due tendenze opposte: l’aumento degli ingressi ospedalieri stimati è stato controbilanciato dalla leggera diminuzione dei decessi e dei nuovi contagi settimanali.

La variazione settimanale della temperatura è pari a +1.3 gradi.

Va ricordato, come sempre, che l’andamento della temperatura non riflette quello dei contagi attuali, ma quello dei contagi avvenuti 2-3 settimane fa.

Per maggiori dettagli si rimanda alla nota tecnica