Il diario della talpa. Quarto episodio
4. OPPORTUNITÀ
Mi disturba un po’, quando sento in questi giorni la parola opportunità. Non se ne può più. Tutti a dire quanto è bello questo nuovo modo di vivere, quante cose stiamo imparando, quanti nuovi valori stiamo scoprendo. Tutti a dire che questo virus, in fondo, è “una gran bella opportunità”.
Pare che abbiamo scoperto la famiglia, la casa, le cose semplici, il pane, il valore del tempo. Di colpo abbiamo mariti, figli, nipoti, zie. Di colpo ci accorgiamo di quanto è bello fare i compiti insieme ai nostri bambini, pulire casa, mettere in ordine i cassetti, lavare i piatti, fare torte di mele, la pasta in casa, arrostini al miele, budini al cioccolato, giocare a carte, attaccare bottoni, aggiustare bici in garage, ascoltare musica, pitturare mobiletti scrostati, contemplare paesaggi. Anche stare col naso per aria a far niente, sentendo semplicemente il tempo che scorre, la giornata che si declina nelle sue varie fasi, di luce, di ombra. Sì, di colpo scopriamo che non esiste solo il lavoro, i viaggi, il denaro. Esistono gli affetti, i lavori domestici, il cibo, i passatempi. Esiste l’otium, il tempo libero che ci hanno insegnato gli antichi, da dedicare solo a noi stessi, alla nostra anima. L’arte del non far niente, del sentirci semplicemente vivere. Esistono gli alberi, i fiori, i libri, il ferro da stiro, il forno, i movimenti del cuore. Le finestre da cui guardare fuori per ore e le primule. Per la prima volta ci chiniamo estasiati ad innaffiare le primule sul balcone, e scopriamo attoniti la commovente esistenza di un filo d’erba.
Tutto ciò è bellissimo. Ma prima? Non le abbiamo mai innaffiati, queste benedette primule? Come vivevamo, nel nostro tempo normale? Possibile che avessimo bisogno di un virus per accorgerci di una pianta, dello scorrere del tempo, del calore di una carezza?
E poi, questa nostra strana e dilagante euforia non è un po’ fuori luogo? Viviamo bombardati da una nauseabonda litania retorica: iniziamo a considerare le cose essenziali! liberiamoci di tutto ciò che è inutile e che per anni ha riempito insulsamente le nostre vite! apprezziamo la bellezza delle cose semplici! e ringraziamo, sì, ringraziamo molto della meravigliosa opportunità che ci viene offerta.
Molti pensano addirittura che il coronavirus ci aiuterà a crescere, a capire, a diventare persone migliori, e a cambiare il mondo.
Per carità, ognuno reagisce a una catastrofe come crede, come può, come decide, e in base alle idee che ha sulla vita. Va bene. Si potrebbe dire, con Festinger: riduzione della dissonanza. Sono molto ammirata di quanti sanno ridurre le dissonanze, vedere l’altra faccia della medaglia, considerare sempre quel benedetto bicchiere mezzo pieno. È un po’ l’idea che quando un male ci tocca, stia a noi trasformarlo in un bene. Beato chi ci riesce, gli altri s’arrangino.
E se invece il male fosse davvero un male?
Se fosse preferibile che non ci fosse mai piovuto addosso, questo virus?
A volte i bicchieri sono davvero mezzo vuoti. E a volte non è poi così male vedere i bicchieri mezzi vuoti, e lasciare che le dissonanze dissuonino. Si tratta di considerare le tragedie per quel che sono. Guardare in faccia la realtà, si dice così, no? E poi reagire, certo. Rinascere. Ricostruire. Ma come possiamo reagire al male, se abbiamo negato che fosse un male?
Credo che sia utile essere consapevoli delle ferite. Non andarcene saltellando per il mondo tali quali a prima, nascondendo il sangue sotto i vestiti.
È una questione di rispetto. Prendere atto del male è avere rispetto del bene.
E rispetto per gli altri, per chi non ce l’ha fatta, chi è stato seriamente colpito dal male, chi non ha più un lavoro, chi si chiede come sfamerà la famiglia, chi è solo, chi ha perduto in modo tanto disumano persone care, senza poterle nemmeno salutare per l’ultima volta.
Il concetto di opportunità riguarda i sani, i fortunati.
Per questo dovremmo usarla con più cautela, questa parola. Così inopportuna.
Copyright 2020 Paola Mastrocola
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