Il grande tabù – Femminicidi e suicidi
Le donne uccise nel mese di gennaio di quest’anno sono state di meno di quelle uccise nel medesimo mese dell’anno scorso. Può essere un caso. Però anche a febbraio c’è stata una diminuzione rispetto a un anno fa. Anche qui può essere un caso. Ma la medesima diminuzione è stata osservata a marzo. E pure nella prima settimana di aprile.
È sempre un caso?
La statistica non lo esclude, ma lo considera molto improbabile. La Polizia ha comunicato che il numero di donne uccise nei primi 3 mesi del 2025 (16) è stato del 36% inferiore al corrispondente numero del 2024 (26). Se le cose dovessero continuare così, o non tanto diversamente da così, il 2025 potrebbe risultare il primo anno in cui il numero di donne uccise, che erano in lentissima diminuzione nel 2023 e nel 2024, scende sensibilmente al di sotto di quota 100 (erano state 120 nel 2023, e 113 nel 2024).
Speriamo. Ma se così fosse, come potremmo spiegare la diminuzione? E soprattutto: che fare per rendere ancora più ripida la discesa?
Qui siamo ovviamente nel campo delle ipotesi. Comincerei da una spiegazione che ritengo sbagliata: i maschi sono diventati meno aggressivi, o più civili. Questa spiegazione è poco convincente perché chiama in causa un cambiamento culturale, senza tenere conto che i cambiamenti culturali sono quasi sempre lenti, molto lenti. Certo si può pensare che l’enorme pressione sociale sui maschi innescata dal femminicidio di Giulia Cecchettin abbia smosso qualcosa, ma è difficile credere che i risultati siano potuti arrivare nel giro di un solo anno.
Contro questa lettura militano anche i dati della criminalità che mostrano che, con l’importante eccezione degli omicidi, la maggior parte dei crimini violenti – rapine, lesioni dolose, maltrattamenti, violenze sessuali solo per citarne alcuni – è in forte aumento negli ultimi anni, e lo è in special modo fra giovani e giovanissimi. L’impressione generale è quella di una crescita dell’aggressività, che tuttavia non si manifesta attraverso un aumento degli omicidi (che hanno un andamento altalenante), bensì attraverso altre forme di violenza e intimidazione, in netto aumento rispetto agli anni pre-covid.
Colpiscono, in particolare, il numero delle violenze sessuali denunciate, salite a oltre 6500 l’anno (il numero effettivo potrebbe aggirarsi intorno a 30 mila), e la crescita dei reati del “codice rosso”, in particolare lo stalking e il revenge porn (diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti).
Se in generale quel che si osserva non è una diminuzione generalizzata dell’aggressività, forse l’ipotesi che si può avanzare per spiegare la flessione del numero di donne uccise è che, dopo la morte di Giulia Cecchettin, siano aumentate sia la vigilanza delle donne (capacità di cogliere i segnali di pericolo) sia la loro propensione a rivolgersi alle autorità nelle situazioni critiche.
E qui veniamo alla domanda critica: che cosa potremmo fare per accelerare la caduta delle uccisioni di donne, e in particolare dei femminicidi?
Probabilmente la strada più fruttuosa è allargare lo sguardo. I media danno un’enorme importanza ai casi di donne uccise dal partner, ma non paiono rendersi conto che quella dei femminicidi è solo la punta di un iceberg. Le donne uccise dal partner o dall’ex compagno sono circa 1 la settimana, ma per ogni donna uccisa ve ne sono circa 400 vittime di violenza sessuale e migliaia vittime di maltrattamenti e atti persecutori. Eppure l’intorno del femminicidio, fatto di dolore e sofferenza, attira ben poca attenzione. Perché è invisibile, azzarderà qualcuno.
Ma è una risposta che non convince. Perché una parte di questo intorno è visibilissima, solo che la si voglia vedere. Per ogni donna uccisa, ve ne sono 7 che si suicidano: più di 2 al giorno. E tutto fa pensare che, soprattutto nelle fasce giovanili, i drammi che per alcune finiscono nei femminicidi, non siano di natura tanto diversa dai drammi che stanno dietro tanti suicidi.
Perché, dunque, ce ne occupiamo così poco? Perché i suicidi sono diventati tabù, come sotto il fascismo?
Forse perché abbiamo bisogno di un colpevole. E il femminicidio, a differenza del suicidio, ce lo fornisce su un piatto d’argento. Peccato, perché capire meglio che cosa c’è dietro i suicidi di tante donne, verosimilmente, ci aiuterebbe anche a trovare nuove vie per combattere i femminicidi.
[articolo uscito sul Messaggero il 13 aprile 2025]