Maturità, sarà un esame farsa. Intervista a Paola Mastrocola
Un esame farsa, «saranno tutti promossi. Questa maturità diciamo che è un modo per rivedersi e salutarsi tra insegnanti e allievi. Una pacchia per chi ha studiato poco in tutto il triennio, una sciagura per chi si è impegnato seriamente». Così Paola Mastrocola, editorialista e scrittrice, in merito agli esami di maturità che iniziano oggi per quasi mezzo milione di ragazzi. Nel 2004, con «La scuola spiegata al mio cane» (divenuto poi un classico), accese il dibattito sullo stato della scuola italiana, le sue riforme e un declino che pareva inarrestabile. Per la scuola che servirebbe nel dopo coronavirus dice: «Dovremmo buttare tutto all’aria e ricominciare da zero. Il Covid ci ha fatto capire definitivamente che cosa le famiglie chiedono alla scuola: essenzialmente un luogo dove lasciare i figli mentre si lavora, dove possano «socializzare», e dove qualcuno si prenda in carico la loro educazione in senso lato. Ebbene, prendiamone atto e facciamola». Il governo ha eliminato i voti alle elementari? «Andrebbero subito ripristinati, senza si fa un danno ai bambini».
Sono iniziati gli esami di stato: una sola prova orale, ha deciso il governo per evitare rischi di contagio. Basta a valutare la maturità di un ragazzo?
L’esame di quest’anno ovviamente non verificherà nulla: l’allievo esporrà oralmente un «elaborato» che ha scritto (da solo?) su temi concordati un mese prima. Diciamo che è un modo di rivedersi e salutarsi, tra insegnanti e allievi; un modo di chiudere comunque il corso di studi e segnare una fine. Meglio che niente, meglio che sparire tutti nel nulla.
Non ci sarà nessuna prova scritta.
Mi dispiace per gli scritti, la sfida del foglio bianco è tutto. Ad esempio il tema è l’unica prova che misura la maturità espressiva (quella sì!) di una persona, la capacità di mettere in parole la complessità di un ragionamento. Sarà per il mestiere che faccio, ma nulla mi sembra meglio che scrivere, per dimostrare chi siamo.
Quest’anno, causa emergenza Covid, tutti sono stati ammessi agli esami. Saranno anche tutti promossi?
Certo! Una pacchia per chi ha studiato poco in tutto il triennio, e una sciagura per chi si è impegnato seriamente e, mi dispiace, rimarrà deluso e avvilito da un esame farsa.
Che anno scolastico è stato questo contrassegnato dalla didattica a distanza per chi è riuscito a farla?
Credo siano stati mesi molto faticosi per tutti. La scuola non si poteva fermare, e non si è fermata. È stata scuola? Direi di no. La scuola è soprattutto relazione, all’interno di quel meraviglioso microcosmo che si chiama classe. L’alternativa era fermarsi, prendere atto del cataclisma che si è abbattuto e accettare la sospensione.
Potevamo permettercelo?
Una nave, di fronte a una tempesta, resta in porto, non s’incaponisce a salpare ugualmente, sfidando le onde. E nemmeno gira in tondo all’interno delle calme acque del porto fingendo una crociera, né simula online la navigazione! Sta buona e ancorata, e aspetta che passi. Lei mi chiede se potevamo permetterci di stare fermi. A quanto pare no. Siamo un mondo in cui chi si ferma è perduto. Dunque abbiamo accettato un surrogato di scuola.
Alla ex insegnante chiedo: la didattica a distanza quanto spazio e senso può avere nel rapporto educativo tra docente e alunno?
Spero che non avrà nessuno spazio, se non per tragiche necessità, dovute al virus. La lezione a distanza può essere utile solo a trasmettere nozioni, mandare avanti il programma e assicurare comunque un barlume di valutazione. La lezione vera non può che essere dal vivo. È avvenimento, e avventura. È una creazione continua, che dipende dagli umori, dai sentimenti, dalle interruzioni, dalle domande, dalla noia e dall’entusiasmo, da tutto ciò che in un’ora avviene tra insegnante e allievi. Imprevedibile. Irrinunciabile.
Tornando all’esame di maturità, è ormai un rito stanco, da abolire, o pensa invece che sia ancora importante nella crescita di un giovane? E se sì, come andrebbe strutturato?
Non abolirei gli esami. È bene che, almeno una volta ogni tanto, il giovane sia messo davanti a qualcuno a cui rispondere di sé. Li farei solo un po’ più veri, questi esami di maturità, cioè più difficili: una vera montagna da scalare, non pareti fittizie e addomesticate. Solo se la prova è reale si può provare soddisfazione e felicità nel superarla. Per esempio la smetterei con i quiz, i test, gli schemini da riempire. Prendiamoli sul serio, i nostri ragazzi!
I docenti che affrontano la nuova scuola, sarà diversa anche da settembre, sono pronti?
Come possono, i docenti, essere pronti per una scuola che non si sa come sarà? Immagino che saranno pronti a fare quel che diranno loro di fare. E temo che diranno loro di continuare a barcamenarsi. Cosa che, peraltro, gli insegnanti hanno continuato a fare, negli ultimi vent’anni di riforme ridicole: se la scuola italiana tutto sommato ha tenuto, è proprio perché la barca, senza capitano, motore né timone, è stata portata a remi da ogni singolo insegnante, che ha fatto quel che poteva, nei modi che ha ritenuto meglio. Certo, causando anche notevoli disparità e una discreta confusione… Meglio sarebbe avere, un giorno o l’altro, qualche dritta sulla rotta!
In piena emergenza il governo ha deciso di potenziare gli organici con 30mila nuovi insegnanti ex precari che saranno assunti il prossimo anno.
Se abbiamo bisogno di nuovi insegnanti dobbiamo rivoluzionare la scuola, pensare a un tempo pieno. Se invece si assume senza avere una logica di quale mondo stiamo progettando, di quali sono le esigenze delle famiglie e dei ragazzi, riduciamo l’istruzione a un pretesto per fare occupazione. Continuiamo a mantenere in piedi un modello di una scuola fatta per gli insegnanti, come purtroppo succede da decenni, piuttosto che per i ragazzi.
Il governo, su pressione della sinistra, ha abolito i voti per le elementari. Hanno ancora senso?
I voti hanno un senso enorme! E andrebbero subito ripristinati. Cos’è questa paura del voto? Che un voto possa offendere, scalfire la serenità dei bambini? È vero il contrario, è proprio dicendo che va bene tutto quel che fanno, che produciamo danni. Un bambino ha bisogno di sapere se fa una cosa bene o male, e un voto è un sistema chiaro e veloce: se fai benissimo ti do 10, se fai male ti do 5, ma quando farai meglio ti darò 7, 8, 10. Vuol dire stimolare a progredire, insegnare ad autovalutarsi e accettare il giudizio esterno. Nella vita non abbiamo problemi a «dare voti»: chi corre più veloce arriva primo e sale sul podio, chi fa un bel film vince l’Oscar. Giudichiamo e valutiamo continuamente, nello sport, nell’arte, ovunque. Perché proprio a scuola non dovremmo farlo?
Cosa sarà la scuola passata l’emergenza? Tornerà quella di prima o invece siamo davanti a un cambiamento radicale?
Dovremmo buttare tutto all’aria e ricominciare da zero. Il Covid ci ha fatto capire definitivamente che cosa le famiglie chiedono alla scuola: essenzialmente un luogo dove lasciare i figli mentre si lavora, dove possano «socializzare», e dove qualcuno si prenda in carico la loro educazione in senso lato, direi totale (educazione civica, alimentare, ambientale, stradale, sentimentale…). Ebbene, prendiamone atto. E facciamola, una scuola così! E spostiamola anche il più possibile all’aperto, per difenderci da altre eventuali epidemie (non sul web, tutti chiusi in casa davanti a un video!). Pensiamo a un «tempo pieno educativo», una scuola «disseminata» e on demand, spaziosa in tutti i sensi, dove l’allievo abbia davvero «spazio» e, a seconda dell’attività che sceglie, vada nel luogo più idoneo: ancora la classe con tanto di banchi e lavagna, se vuol fare studi astratti (filosofia, algebra, letteratura…), e luoghi meno canonici se sceglie corsi di musica, giardinaggio, cucina, falegnameria: prati, giardini, parchi, cortili, piazze, ristoranti, cinema, teatri.
Bisogna diventare visionari. Osare cambiamenti drastici, anche edilizi… Ma temo che ci limiteremo a fare i turni: un po’ a casa a far lezione online, e un po’ a scuola come prima. Abituandoci a poco a poco a una vita sempre più virtuale.