Orrori del Bene
In primo pianoPoliticaSocietàHanno suscitato sconcerto, prima ancora che indignazione o rabbia, le parole con cui il matematico Piergiorgio Odifreddi è parso, se non giustificare, perlomeno sminuire la gravità del gesto con cui un estremista di sinistra americano (Tyler Robinson) ha ucciso Charlie Kirk, estremista di destra (e secondo alcuni potenziale futuro candidato alla Casa Bianca).
Le frasi incriminate di Odifreddi sono ben quattro. Nella prima, a una domanda di David Parenzo sull’uccisione di Kirk, rispondeva dicendo testualmente “Ma sparare a Martin Luther King e sparare a un rappresentante di Maga (il movimento trumpiano Make America Great Again) sono due cose molto diverse, perché Martin Luther King predicava la pace e invece Maga e Trump…” [la fine della frase è incomprensibile, perché sovrastata dalle proteste dei presenti]. Le altre tre frasi sono delle specie di proverbi o paragoni, volti a spiegare e giustificare l’affermazione principale. Il primo (pronunciato ancora in trasmissione) è “chi semina vento raccoglie tempesta”. Il secondo pseudo-proverbio compare in dichiarazioni successive, rilasciate all’Ansa: “Gesù diceva chi di spada ferisce di spada perisce”. Ma Odifreddi è uno scienziato, non credente, e per perfezionare il ragionamento sfodera il terzo pseudo-proverbio, decisamente più laico: “se non si vuole citare Gesù Cristo si può citare la legge della fisica per cui a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”.
Infine, per completare il ragionamento, cerca di far intendere che anche la vittima – l’estremista di destra ucciso – ha le sue responsabilità, in quanto odiatore: “non è necessario sparare per incitare all’odio, le parole possono essere macigni”. Tutte varianti del mai abbastanza deprecato “se l’è cercata” usato per attenuare le responsabilità di violentatori e stupratori.
Qui sarebbe facile far notare a Odifreddi, che di professione fa il logico, quanto illogico sia il suo modo di ragionare: se Parenzo si è tanto inquietato è precisamente perché condivide l’affermazione di Odifreddi, e cioè che “le parole possono essere macigni” (o pietre, come recita il titolo di un celebre libro di Carlo Levi). E’ curioso che chi vede la pericolosità dell’incitamento all’odio, non veda la pericolosità di chi minimizza un assassinio solo perché la vittima è a sua volta un odiatore.
Ma il punto su cui vorrei attirare l’attenzione è di tipo storico-empirico. Quello che mi colpisce è l’asimmetria che, negli ultimi anni in Italia, si è venuta instaurando nelle manifestazioni di esaltazione della violenza. Mentre in passato il ricorso alla violenza era praticato e teorizzato sia dall’estrema sinistra (Brigate Rosse e altri gruppi) sia dall’estrema destra (Nar e altri gruppi), oggi a praticare o celebrare la violenza sono quasi esclusivamente persone e gruppi di sinistra, o genericamente anti-fascisti. Negli ultimi anni, ad esempio, è diventato normale manifestare con le immagini di Giorgia Meloni (e di altri politici di destra) a testa in giù. Ènormale che dibattiti, presentazioni di libri, lezioni vengano impedite con la forza perché fra gli interventi previsti ci sono quelli di ebrei, o di persone di destra. È normale che, se la destra scende in piazza, antagonisti e centri sociali organizzino un contro-corteo, per impedire che il corteo sbagliato possa svolgersi in pace. Ènormale vedere studenti che scandiscono il vecchio slogan “uccidere un fascista non è reato”, preceduto da un raccapricciante “il maresciallo Tito ce l’ha insegnato…” (con le foibe?), o “la lotta partigiana ce l’ha insegnato…”, o addirittura dal grottesco “la nonna partigiana ce l’ha insegnato”. È normale che alla costruzione della linea dell’alta velocità in Val di Susa ci si opponga con la guerriglia contro le forze dell’ordine. Normale, infine, è che tutto questo susciti comprensione, prudente silenzio, minimizzazione, talora persino compiacimento in una parte parte dell’establishment progressista.
Si può obiettare, ovviamente, che in questi anni gesti violenti non sono mancati nemmeno a destra (su tutti l’assalto di Forza Nuova alla Cgil), ma l’obiezione non coglie il punto: sono la frequenza e l’ampiezza del sostegno alla violenza ad essere incomparabilmente superiori a sinistra.
Perché?
Io temo che dietro questa asimmetria dei comportamenti, in realtà, lavori una asimmetria più profonda, che si situa su un piano psicologico e morale. Destra e sinistra sono entrambe portatici di visioni del mondo, mentalità, percezioni tra loro differenti. Con una differenza cruciale, però: mentre il tipico militante conservatore è consapevole della parzialità del proprio punto di vista (anche perché glielo ricordano quotidianamente), quello progressista è sinceramente convinto della superiorità e giustezza dei suoi principi, che percepisce come valori universali e dunque non negoziabili. E come tali degni di essere imposti a tutti, con le buone o con le cattive. Di qui l’attrazione fatale per il mezzo di coercizione fondamentale, sempre disponibile a chiunque: l’esercizio della violenza. Un’attrazione che è tipica di tutti i fondamentalismi e che, non a caso, fuori del perimetro della sinistra si manifesta nel modo più sistematico nelle violenze dei fanatici religiosi contrari all’aborto. Anche qui, in nome di un valore universale non negoziabile: il diritto alla vita del nascituro.
Orrori del Bene.
[articolo uscito sulla Ragione il 16 settembre 2025]