Il Ddl Zan e i nuovi predicatori
Innanzitutto un sentito «grazie» a Silvia Bonino per il bell’articolo sul Ddl Zan e per la chiarezza con la quale ha illustrato le possibili ricadute che sulla psiche di bambini e adolescenti può avere una pedagogia al contempo moraleggiante e (nel caso specifico dei trans) priva di qualsiasi fondamento scientifico (sarebbe fra l’altro interessante sapere se gli insegnanti di scienze verranno invitati a partecipare alle iniziative cosiddette di sensibilizzazione anti-transfobia nelle scuole, e in caso affermativo, quali opinioni sarà loro consentito esprimere…). Mi venga qui consentito di aggiungere alcune considerazioni su un aspetto a mio giudizio cruciale della mentalità giovanile, aspetto che potrebbe pesare piuttosto negativamente rispetto alle finalità perseguite dal decreto.
Come ha modo di constatare non solo ogni genitore, ma anche ogni insegnante non accecato dai bagliori della sua ideologia preferita (nonché, più in generale, chiunque si ricordi di essere stato giovane), il periodo dell’adolescenza è molto spesso segnato dall’essere bastian contrario, dal rifiuto di accettare senza discussione le idee già bell’e fatte imposte da scuola e ambiente familiare. Se è vero, infatti, che in questi anni è rara la vera indipendenza di spirito ed è anzi spiccata la tendenza al «groupthink», o effetto gregge, tale conformismo si esplica soprattutto nei rapporti con il gruppo di coetanei, mentre allo stesso tempo ci si ribella contro gli adulti che predicano come se fossero in possesso della verità assoluta, contro chi approfitta di lezioni e pasti in famiglia per salire sul pulpito e infliggerti la sua visione del mondo senza possibilità di repliche. Una fase in cui, spesso e volentieri, si è convinti di saperne più delle generazioni che precedono e si prova così fastidio verso qualsiasi tentativo di indottrinamento.
Chi di noi, del resto, non ha conosciuto coetanei diventati ferocemente atei e mangiapreti dopo aver frequentato un scuola cattolica, in reazione alle messe e preghiere quotidiane loro imposte dal corpo insegnante? Quanti figli o allievi di persone dalle convinzioni dogmatiche e irremovibili hanno finito per abbracciare comportamenti e visioni del mondo diametralmente opposti a quelli degli adulti ?
Una proposta pedagogica come quella contenuta nel decreto, se attuata, rischia dunque a mio avviso di produrre, in molti casi, effetti esattamente contrari a quelli voluti : rendere le varie «fobie» una specie di frutto proibito, una forma di trasgressione rispetto alla cultura ufficiale, al limite un modo di sentirsi «cool». Questo magari in forma discreta e sotterranea: quando il docente parla di questo argomento secondo i canoni prestabiliti, è possibile che certi allievi poco convinti o addirittura ostili tacciano e facciano finta di assentire, o per non cacciarsi nei guai o perché pensano: «E’ inutile cercare di discutere, tanto non ci ascolta, vuol sempre avere ragione lui». In altri casi il messaggio non verrebbe in sé respinto, ma semplicemente accolto con indifferenza e noia e di fatto ignorato. Nella migliore delle ipotesi si sarebbe dunque ben lungi dall’ottenere l’agognata conversione di massa, e nella peggiore non è azzardato temere un’impennata delle aggressioni fisiche e verbali contro omosessuali e trans: tanto più che, come sottolinea giustamente Silvia Bonino, il bullismo è favorito proprio dal trattare gli esseri umani come appartenenti ad una categoria a parte anziché come persone simili a noi. Se poi alla categoria in questione viene attribuito lo status di vittima e ne viene così sottolineato il carattere sacro e intoccabile, i bulli non aspetteranno altro per cominciare a perseguitarla.
Già avversato da quanti lo ritengono contrario nella sua ispirazione ai principi di libertà di pensiero e di espressione, nonché di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, sanciti dalla Costituzione, il Ddl Zan rischia dunque, in più, di rivelarsi controproducente nella misura in cui insisterà a propinare ai giovani una nuova versione dei catechismi e delle feste comandate. Agli autori e sostenitori varrebbe forse la pena di ricordare che, fin troppo spesso, la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni.