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In margine alla festa di Atreju – Elettori oltre la destra e la sinistra

18 Dicembre 2024 - di Luca Ricolfi

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Forse è un po’ presto per fantasticare di nuove creature politiche, visto che – salvo incidenti – si voterà nel 2027. Però è quello che sta succedendo nelle ultime settimane, prima con la cacciata di Beppe Grillo e la “contizzazione totale” dei Cinque Stelle, poi con le manovre al centro per la dar vita a un partito liberal-democratico, o con quelle per la (ri)nascita di un partito cattolico di sinistra, sulla scia della Margherita di rutelliana memoria. Per non parlare degli smottamenti interni a Forza Italia, sempre più tentata di accentuare i suoi tratti moderati, se non di “partito di destra che guarda a sinistra”, cavalcando alcuni temi indigesti per la destra-destra: ius scholae, diritti delle minoranze sessuali, multe ai No Vax.

Quello che accomuna tutti questi sommovimenti è lo sforzo di aggirare la dicotomia secca destra-sinistra, in cui tanti non riescono più a riconoscersi. In effetti, a giudicare dai sondaggi (penso in particolare a una recente indagine di Renato Mannheimer) gli
elettori che non se la sentono né di dichiararsi di destra né di dichiararsi di sinistra non sono certo pochi: il 33% dell’elettorato, ossia 1 elettore su 3, rifiuta entrambe le etichette.

Allora è vero che una forza di centro, né di destra né di sinistra, avrebbe a disposizione praterie di potenziali elettori?

No, è un’illusione. Se infatti andiamo a vedere come è composto l’insieme degli elettori che non si riconoscono né nella destra né nella sinistra, scopriamo che solo il 9.1% dell’elettorato si autodefinisce di centro. È una percentuale di poco superiore a quella che, prima del divorzio fra Renzi e Calenda, dava il suo voto al cosiddetto Terzo Polo. Nulla suggerisce che siano più del 10% gli italiani disposti a dare fiducia a un partito che non dichiara se, dopo il voto, si alleerà con la destra-destra o con la sinistra-sinistra. Sono invece il 20-25%, cioè circa 1 su 4, gli italiani che non si riconoscono né nell’attuale sinistra, né nell’attuale destra, né in un generico partito di centro, o partito dei moderati.

Ma perché sono così tanti? E che cosa pensano? Che cosa li trattiene dall’auto-collocarsi a destra o a sinistra?

Una ragione può essere lo scarso interesse per la politica, o l’insoddisfazione per le politiche di entrambi gli schieramenti. Ma una ragione alternativa, a mio parere più importante, è che – non solo in Italia – sono sempre più numerosi i cittadini che esprimono istanze che, lungi dall’essere né di destra né di sinistra, sono sia di destra sia di sinistra.

Prendiamo, a titolo di esempio, la classica frattura fra ceti medi e ceti popolari. Nell’universo politico classico un operaio votava a sinistra, un impiegato o libero professionista votavano a destra. Oggi, invece, può capitare che un operaio guardi a destra perché vede il degrado delle periferie indotto dalla presenza degli immigrati, o semplicemente perché non capisce l’ostinazione del mondo progressista nella difesa delle minoranze sessuali, o nel sostegno alle politiche green, o nella promozione del linguaggio “follemente corretto”. Simmetricamente, un insegnante, un magistrato, un impiegato può guardare a sinistra semplicemente perché la sua condizione è abbastanza agiata da consentirgli il lusso di pensare ai diritti civili piuttosto che ai diritti sociali, o di occuparsi del futuro del pianeta anziché del bilancio famigliare.

Di qui il dilemma di tanti elettori, che si sentono di sinistra su certi temi, e di destra su altri. Di qui, anche, lo spazio che (in teoria) si sta aprendo ai Cinque Stelle, che sono l’unica formazione politica che è strutturalmente sia di sinistra (in economia) sia
di destra (in materia di immigrazione). È quello che, neanche tanto fra le righe, è andato a dire Conte ad Atreju, la festa di Fratelli d’Italia, quando ha affermato di essere progressista, ma non di sinistra: “se sinistra significa contrastare il governo attuale solo nel segno dell’antifascismo, io non ci sto”; “se sinistra significa accogliere tutti indiscriminatamente, io non ci sto”; “se sinistra significa occuparsi solo di quelli nei quartieri residenziali, nelle Ztl, io non ci sto”.

Applausi, ogni volta, degli spettatori presenti. Tutti di destra.

[articolo uscito sulla Ragione il 17 dicembre 2024]

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Luca Ricolfi
Luca Ricolfi
Torino, 04 maggio 1950 Sociologo, insegna Analisi dei dati presso l'Università di Torino.
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