Il terrorismo del piano inclinato
PoliticaSocietàMi permetto di suggerire a Michela Murgia, l’Hannah Arendt di Cabras, inventrice del fascistometro, un indicatore forse ancora più infallibile dei 65 da lei individuati per smascherare la personalità totalitaria. Si tratta dell’argomento della china pericolosa—slippery slope argument—fondato sul sofisma che una volta ammesso A non puoi evitare di percorrere tutte le tappe che ti porteranno a Z. E’ come dire, chi ha cominciato a fumare lo spinello si ritroverà dipendente dall’eroina. Forse pochi altri stili di pensiero rivelano il cancro del fondamentalismo etico, dell’ottusità mentale, dell’oscuramento della ragione, del furore nichilistico come questo. A destra e a sinistra se ne fa un uso smodato: «se ammettiamo questo, chissà dove andiamo a finire!», «ciò che sulle prime sembra innocuo può diventare l’inizio delle peggiori nefandezze!». In tutto questo c’è una sottile sfiducia nella libertà e nella responsabilità umana: un’opinione cattiva diventa un cappio al collo di cui non ci si può liberare più e sostenere un’idea politicamente scorretta (lasciamo stare, per il momento, chi decide che sia tale) è come aver contratto una malattia. E coi malati non si dialoga: si curano o si isolano. Così se si hanno riserve sulla politica dell’accoglienza e delle porte aperte si finisce, in virtù dello slippery slope argument— in compagnia di Hitler, se si propone una qualche nazionalizzazione (ed io da liberale non sono certo favorevole ad affidare allo Stato la gestione delle aziende in crisi), si finisce in compagnia di Stalin. E il risultato, guardando a sinistra, è che, come ha scritto Luca Ricolfi nel suo magistrale articolo di fondo Chi rema contro il partito del Pil (‘Il Messaggero’ 16 novembre u.s.), poiché nel mondo progressista, l’ideologia tende a prevalere su tutto «per la sinistra, la Lega e il suo leader, non sono normali avversari, portatori di un progetto politico a quello della sinistra. No, la Lega e i suoi alleati (specie Fratelli d’Italia), sono prima di tutto la manifestazione dei più torbidi impulsi della società italiana: razzismo, odio verso gli stranieri, antisemitismo, nostalgie fasciste, tentazioni autoritarie».
Si è a favore delle unioni civili ma contrari al matrimonio gay e al diritto di adozione (rivendicato con successo da Niki Vendola)? Si rischia l’accusa di omofobia e, se dipendesse da Monica Cirinnà, si potrebbe anche essere citati in giudizio. Si vuole chiudere i porti all’immigrazione irregolare? Si rischia di passare per biechi nazionalisti, amanti dei muri e delle frontiere. Si vogliono pene certe e severe per i reati contro le persone e le loro proprietà? Si rischia l’accusa di giustizialismo e di essere seguaci di Charles Lynch. Se poi qualcuno si dichiarasse a favore della pena di morte—sostenuta, peraltro, dal più grande filosofo dell’età moderna, Immanuel Kant, e nell’Italia contemporanea da uno studioso insigne come Vittorio Mathieu, che di Kant è forse il massimo esperto mondiale—sicuramente non avrebbe accesso a giornali e a cattedre universitarie. Intendiamoci, non sto sostenendo che le opinioni citate siano corrette e che quanti sono di diverso avviso, contrariamente alla communis opinio della stampa establishment, siano nel torto. Il virus totalitario sta nel ritenere che le opinioni abbiano lo stesso status logico degli ‘aridi veri’ della scienza e che opporsi, ad es., a un disegno di legge ritenuto giusto—e in linea con la Costituzione—equivalga ad affermare che sia il sole a girare attorno alla terra. Per i regimi totalitari era senz’altro così: nell’URSS opinare che il potere non apparteneva al popolo ma a una ristretta oligarchia, significava venir preso per pazzo—alla stregua di un sostenitore della teoria geocentrica—e rinchiuso in un manicomio criminale; nell’Italia delle camice nere, assai meno totalitaria della Russia e della Germania, negare le benemerenze del regime comportava una bella bevuta di olio di ricino, al fine di liberare corpo e mente dai veleni dell’antifascismo.
Nel clima denunciato da Ricolfi, purtroppo, si registra un effetto moltiplicatore. La denuncia di quanti sono accusati di odiare i diversi (immigrati, gay, zingari, islamici, ebrei etc. etc.) assume toni così forti e (verbalmente) violenti da convertirsi in odio per i (presunti) seminatori di odio: sicché all’odio dei secondi si unisce quello dei primi e il cielo della politica diventa ancora più plumbeo e opprimente.
E dispiace che a gettare benzina sul fuoco sia un pontefice pur rispettabile, come Francesco I che giustamente, nel recente discorso ai penalisti internazionali, ha fatto rilevare l’inciviltà della carcerazione preventiva—una battaglia liberale quant’altre mai. «Quanto sento qualche discorso di qualche responsabile del governo mi vengono in mente i discorsi di Hitler nel’34 e nel ‘36». ‘Esageruma nen’? direbbero in Piemonte. Concordo in pieno con quanto scrive Fabrizio Cicchitto sul ‘Tempo del 16 novembre u.s.—I grillini vogliono lo Stato di polizia. Qualcuno li fermi—e ritengo anch’io liberticida la legge Severino (votata anche da ‘Forza Italia’ grazie all’ineffabile Niccolò Ghedini) e un giudizio non meno severo mi sento di dare sull’eliminazione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio, chiesta dal ministro Alfonso Bonafede, ma rievocare Hitler rivela una preoccupante nostalgia delle crociate e dello scontro all’ultimo sangue nonché una ferrea determinazione a ripulire il mondo, in nome dell’universalismo paolino—v. il saggio di Alain Badiou, Saint Paul. La fondation de l’universalisme, Puf 1997—di tutto il male che vi alberga e che Papa Bergoglio individua, a livello internazionale, nel capitalismo e nella finanza apolide e, a livello locale, nella guerra pro aris et focis combattuta dai sovranisti.
Personalmente un movimento assistenzialista, giustizialista, populista, fautore della decrescita felice come quello fondato da Beppe Grillo è l’antitesi di tutto ciò in cui credo ma Hitler (e con lui Stalin, però non nominato) «che c’azzecca», come direbbe il padre spirituale dei pentastellati? No, il terrorismo del piano inclinato è la morte della democrazia liberale. E definire razzista chi, ad esempio, ha paura a vivere accanto a un campo rom ottiene solo l’effetto di renderlo razzista sul serio. Stiamo bene attenti: quanti, nati tanti anni dopo il crollo del fascismo, vengono giudicati fascisti per opinioni che ad essi sembrano del tutto ragionevoli potrebbero essere indotti a pensare: «ma se il fascismo era questo, non era meglio di questa nostra scarcagnata democrazia?».